Nata nel Blues

Di Paul Rigg

Eve Monsees è nata a Houston il 12 ottobre 1983, ma si è trasferita alla "Mecca del Blues" –Austin in Texas-, all'età di otto anni.  

Monsees ha avuto la sua prima chitarra a 12 anni e iniziò presto a frequentare il suo compagno di scuola, Gary Clark Jr, per esercitarsi insieme regolarmente e suonare il blues. A 15 anni iniziarono a partecipare in jam nei club di Austin, e nel giro di un anno iniziarono a fare concerti da soli e furono anche contrattati per aprire un concerto di Jimmie Vaughan nel famoso locale Antone.
  

Monsees fondò The Exiles con Mike Buck e nel marzo 2004 pubblicarono il loro album di debutto. Nel 2007 Kathy Valentine le chiese di unirsi alle Bluebonnets, una rock band tutta al femminile, e nel 2010 pubblicarono il loro primo album Boom Boom Boom Boom. Nel 2008 Monsees è diventata coproprietaria del negozio di dischi di Antone e continua a suonare in diversi gruppi.
 

Guitars Exchange
raggiunge Monsees nel gennaio 2019, in una splendida giornata di sole, nella sua casa di Austin. Sta ultimando i dettagli per un festival blues cui parteciperà durante il fine settimana, ha una tazza di tè in mano e ha voglia di parlare della sua amicizia con Gary Clark Jr, dell'importanza di Clifford Antone e Albert King nella sua vita e del suo ultimo album, che ha venduto come il pane...
   

 

GE: Com’è stato ricevuto l'ultimo album di Eve and the Exiles "You Know She Did"?
 

EM: È uscito da un paio di anni ed è stato uno dei nostri “best sellers”. Abbiamo fatto prima il CD e dopo un anno il vinile; era qualcosa che volevamo fare inizialmente, ma era un po' proibitivo. In realtà avevamo una partnership con Jameson Whisky per un anno, Gary Clark ci ha dato una mano importante, e hanno contribuito a finanziare la nostra edizione in vinile, il che è stato grandioso. Ci hanno chiesto che obiettivi avevamo e l’edizione del vinile era in cima alla lista, quindi siamo stati davvero felici di poterlo fare.   È divertente lanciare un vinile e poi averlo a disposizione nel tuo negozio di dischi [ride]. È bello perché le persone vengono in negozio appositamente per comprare il nostro disco.  

GE: Puoi parlarci dell'ispirazione che c’è dietro il disco?
 

EM: Beh, avevamo alcune canzoni su cui stavamo lavorando che non erano rigorosamente blues o rock ‘n’ roll; erano più una miscela di diverse influenze.  

GE: Ci sono diversi artisti invitati che suonano nell’album; perché?
 

EM: per ottenere un suono leggermente diverso. Denny Freeman è un chitarrista fantastico e ha appena iniziato a suonare il pedal steel. Ha suonato con Taj Mahal e Bob Dylan per circa cinque anni e ha fatto parte della scena musicale di Austin per decenni. È conosciuto per essere un fedele della Stratocaster, ma ha deciso di suonare il pedal steel qualche anno fa, e quello che ha suonato è stato così unico perché lo stava provando da una prospettiva diversa. Quindi, invece di prendere un chitarrista con pedal steel che facesse solo country o cosa così, abbiamo chiamato lui per avere qualcosa di nuovo. Sono una sua fan; ciò che ha fatto ha aggiunto davvero molto alla canzone che ha suonato. Quando vai in studio e hai l'opportunità di creare suoni e suonare con persone con cui normalmente non potresti suonare dal vivo, è bello approfittarne. Glen Clark è amico di Mike, e lui e Delbert McClinton suonarono insieme anni fa, sapevamo che sarebbe stato in città, quindi ne abbiamo approfittato. È molto divertente averlo in studio, ha un sacco di idee, pensavamo che avrebbe fatto una cosa, ma lui continuava a proporre cose nuove. E poi Lewis Cowdrey, da sempre nella scena blues di Austin, con la sua armonica; raramente viene in città ma era qui per un evento e volevamo averlo con noi. Poi c’è l’organista Nate Basinger, che occasionalmente suona con noi perché vive ad Austin, ma è in altri gruppi, quindi non possiamo suonare con lui quanto vorremmo, ma siamo riusciti a portarlo in studio. Il disco è stato una scusa per mettere insieme i nostri amici perché sarebbe stato impossibile farli salire sul palco tutti insieme allo stesso tempo.
 

GE: C'è un pezzo del disco che abbia una storia speciale legata per te?
 

EM: Mr Devil. Mike ha scritto i testi, ed è venuta fuori velocissima. È spoglia di tutto; ha solo chitarra e voce. Per alcune canzoni ci abbiamo messo più tempo a concentrarci perché avevano tante parti diverse, ma questa è venuta su così naturalmente che abbiamo solo dovuto prendere gli strumenti e suonarla. E poi sceglierei il brano Footnote, solo perché è così diverso da qualsiasi cosa che abbia mai scritto e registrato in precedenza. Sono molto soddisfatta di quel pezzo.
 

GE: Tornando alla tua infanzia, come musicista blues, sembra che tu abbia avuto una gran fortuna a trasferirti ad Austin quando avevi otto anni - come lo vedi ora?
 

EM: Assolutamente, ci penso spesso, 'se non fossi cresciuta ad Austin, cosa avrei fatto?' Perché ci sono così tante opportunità qui per suonare. La quantità di talento che c’è qui si può assorbire semplicemente da ciò che ti circonda, quindi, mi sento molto fortunata che i miei genitori pensassero che sarebbe stata una buona idea... Sono nata a Houston e sono molto contenta di questo perché sono stata in contatto con così tanti tipi diversi di persone in età molto precoce perché è una comunità molto diversa, ma trasferirsi ad Austin è stata una grande fortuna.    

   

GE: Hai detto di avere avuto una chitarra acustica Fender intorno agli 11 anni e poi un anno dopo la tua prima elettrica, una Stratocaster. Perché Fender in particolare?
 

EM: Questa è una buona domanda. L'acustica che i miei genitori mi comprarono…Fender non è così conosciuta per i suoi strumenti acustici come per quelli elettrici; ma questa è la mia acustica.  

Poi la Stratocaster che ho vinto in un concorso è pazzesca. Era un Fender Strat nera e continuavo ad andare nel negozio di chitarre a guardarla; penso che quelle Strato siano sinonimi del blues texano, è ciò che suonava Stevie Ray Vaughan…le prime persone che conobbi e che ebbero successo nei locali di blues suonavano quelle chitarre, quindi quel genere di chitarra ha sempre attirato la mia attenzione. Ero in un negozio di strumenti e compilai un modulo con il mio nome e indirizzo, e lo tirarono fuori da un cappello!
   

   

GE: Clifford Antone ti ha preso sotto la sua ala protettrice; quanto è stato importante per la tua carriera?
 

EM: Incontrare Clifford è stata una gran cosa, penso che sia stato in uno spettacolo in cui suonava Jimmie Vaughan e sono andata da lui e ho detto "Anch’io so suonare il blues" - ero molto giovane e semplicemente entusiasta per essere lì - e disse "Oh, okay, e chi ti piace ascoltare?" e probabilmente si aspettava che io dicessi "Jimi Hendrix o Stevie Ray Vaughan, o qualcuno che fosse assai famoso, e io risposi ‘Magic Sam’… Lui mise la testa tra le mani e ho pensai 'Oh no, ho detto qualcosa di sbagliato?'…alzai lo sguardo e aveva questo enorme sorriso sul suo volto.
 

In seguito scoprii che c'erano tutte queste diverse ondate di musicisti che sarebbero venuti al club e gli parlai di Gary e poi glielo presenta, e penso che sia stato il momento in cui trovò la seguente ondata di giovani musicisti blues. Avevamo 15 anni e c'era un grande spettacolo con Hubert Sumlin, James Cotton e Mojo Buford, e Antone non ci aveva mai sentito suonare ma ci fece salire sul palco con loro. Non c’era nulla di programmato, non avevamo le nostre chitarre con noi, usammo quelle che trovammo sul palco. Alcuni mesi dopo ci chiese di aprire per Jimmie Vaughan nell'anniversario del club. Penso che tutto questo riassuma cosa sia stato Clifford, portando grandi musicisti leggendari in città e facendo in modo che i giovani avessero la possibilità di incontrarli e suonare con loro. Quando è morto, ha lasciato un vuoto non solo nella comunità musicale; lui era lì per tutti. Aiutò persone i cui nomi non erano così noti. Era enorme.
   

     

GE: Credo che uno dei tuoi vicini abbia detto che in quell’epoca la tua routine era "scuola, compiti, cena, in centro con i mezzi, alcuni giri sul palco, tornare a casa e qualche ora di sonno" - lo descrive bene?
 

EM: [ride] Sì, assolutamente. Eravamo adolescenti energici. Ho fatto abbastanza bene la scuola, ma era bello dopo andare a suonare musica in centro. Abbiamo fatto anche le altre cose che facevano i ragazzini a quell'età: giocare a basket e andare a casa degli amici, ma più ci siamo coinvolti nella musica, più opportunità abbiamo avuto di incorporare la musica negli eventi scolastici.  

GE: È risaputo che sei cresciuta con Gary Clark Jr e il breve documentario "Gary and Eve" è enormemente popolare su Youtube; perché pensi che piaccia tanto agli spettatori?
 

EM: Per il modo in cui Gary parla di me e por raccontare com’erano le cose quando imparammo a suonare. Era così eccitante perché tutto era nuovo, e per entrambi era un momento importante della nostra vita. Anche se adesso è a un altro livello, continua a parlare di quel periodo in quel modo - e potrebbe non farlo, lo sai - e credo che le persone hanno un interesse naturale per quella storia.  

Le persone che hanno realizzato il documentario hanno voluto catturare la nostra storia ma non sai mai come verrà fuori; tuttavia ero entusiasta del filmato. È sincero, immagino: parla di due ragazzi entusiasti della musica. Da allora, vedere fin dove sia arrivato è una fonte d’ispirazione.    
   

GE: C’è un video su Youtube in cui tu e Gary fate una cover di " Oh Pretty Woman" di Albert King nel 2016, cosa significa Albert King per te e per la tua carriera?
 

EM: È stato uno dei primi chitarristi che mi ha davvero preso. Essendo una ragazzina di Austin, ovviamente, conoscevo il nome di Stevie Ray Vaughan, ed ero in un negozio di chitarre a guardare uno dei suoi libri e un tipo mi passò vicino e disse: "Ehi, se ti piace SRV, dovresti ascoltare Albert King; è da lì che ha preso tutta la sua roba'- e ho pensato 'ok'. Poi sono andata a comprare un disco di Albert King e ho pensato "Oh mio Dio! Da dove viene questo tipo?'- e una porta si aprì. Da quel momento in poi è stato come: 'beh, chi altro c’è là fuori?' E sono diventata ossessiva cercando di trovare vecchi dischi. Sicuramente Albert King ha avuto un'enorme influenza.  

GE: Nel 2004 hai formato 'Eve and the Exiles' con Mike Buck – è quello il momento in cui hai preso una strada diversa da Gary?
 

EM: Avevamo iniziato a ricevere offerte separate; quella non è stata la prima cosa. A Gary hanno iniziato a offrire concerti in città. La Blues Caravan era un tour di sei settimane di cui faceva parte anche Sue Foley, lei non poteva finire l’ultima settimana e fu così gentile da suggerire me per completare l'ultima parte del tour. Fu un grosso problema per me perché non ero mai stata all'estero prima. Pensavo che Gary ed io avremmo fatto cose separate e poi lavorato di nuovo insieme, ma entrambi iniziammo ad avere sempre più opportunità. Ma siamo rimasti grandi amici.
   

     

GE: Nel 2007, sei stata contattata da Kathy Valentine per unirti alle Bluebonnets, una rock band tutta al femminile; come è iniziata?
 

EM: Doveva essere solo per un paio di canzoni durante un concerto, ma alla fine ho suonato l'intero set con loro. Poi dissero "Ehi, ti piacerebbe unirti alla band?" Non me lo aspettavo e la loro musica era così diversa da ciò che stavo facendo - era più vicina alla sensibilità pop - quindi all'inizio fu una sfida per me, ma è stato davvero divertente. Metterti alla prova ti rende sempre un musicista migliore.  

GE: Suoni ancora con loro?
 

EM: Sì, siamo ancora insieme. Non abbiamo fatto nulla per alcuni mesi, ma abbiamo pubblicato un disco un paio di anni fa. Il singolo Bye Bye Baby è uscito prima dell'album e dopo l'autunno abbiamo fatto una pausa, ma siamo ancora insieme. Abbiamo un concerto a Houston a febbraio ed altre cose a marzo.
   

   

GE: Una volta hai detto: "Non mi sento di avere avuto molti ostacoli per essere una donna, voglio dire, mi sento come se mi avessero trattato come un musicista...non avere 21 anni, quello è stato un problema". Cosa intendevi dire?
 

EM: Prima dei 21 anni a volte era difficile entrare nei locali, anche se lì ci suonavo - quello era un problema.   D'altra parte, come artista femminile c’erano persone che mi dicevano "hey, sei davvero brava per essere una ragazza" e lo dicevano senza pensare - e questo è sempre successo e continua ad accadere -, ma ora ci sono così tante altre donne musiciste in giro rispetto a prima. Non sento davvero di avere perso opportunità, ma quando ho iniziato - essendo giovane ed essendo una donna - non credo di essere stata presa sul serio come lo sono ora.  

GE: Passando alle chitarre ora, sei su una nave che affonda, quale chitarra salvi?
 

EM: Oh, è dura! Se potessi prenderne solo un, c'è una Telecaster che ho comprato da Pete Mitchell; era un grande chitarrista e il ragazzo più dolce del mondo. Pete ha suonato con Ernest Tubb per anni e Mike ha suonato con lui per un po' e gli disse che volevo una Telecaster, e lui rispose "Oh, ne ho una". È una chitarra di cui ha cambiato così tante cose; sarebbe impossibile replicare ciò che ha fatto. Ha un corpo Tele con un manico Warmoth, pick up diversi, aveva un B-Bender ma lo fece togliere; mi fa pensare a lui quando suono, e così speciale per me.
 

   

GE: E che amplificatori e pedali?
 

EM: I pedali possono affondare con la nave – non sarebbe un problema! [Ride] Per quanto riguarda gli amplificatori, ho un paio di Silvertone Twin Twelve ed è quello con cui suono più adesso, e poi ho un paio di Fender diversi.    

   

GE: Che piani hai per il 2019?
 

EM: Buona domanda; stiamo cercando di programmare tutto ora. Alla fine di maggio viene un chitarrista locale di nome Chris Ruest, con cui io e Mike abbiamo fatto un paio di concerti recentemente e stiamo cercando di prenotare alcuni spettacoli con lui nel Mid-West, e poi le Bluebonnet hanno alcune novità in arrivo. Mi piacerebbe anche scrivere qualcosa e pensare a un nuovo disco. Mi sento motivata a iniziare un altro anno e vedere quali opportunità si presentano!
   

L'intervista si chiude, chiacchieriamo con Monsees della sua amicizia con la chitarrista blues e "figlia adottiva di Austin", Sue Foley. Monsees ci racconta che Eve and the Exiles hanno aperto per Gary Clark a dicembre, e che alla fine dello show Clark ha fatto salire sul palco Foley e Monsees insieme a lui per una canzone. "È grandiosa, eleva le cose a un altro livello perché è una grande chitarrista ed è molto divertente suonarci insieme", dice, "gli spettacoli qui in casa sono uno spasso!"    

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