Chapeau, amico!
Di Tom MacIntosh
Steve Howeè nato a Londra nella primavera del 1947. Prese in mano la sua prima chitarra all'età di 12 anni, dopo aver ascoltato Chet Atkins, un uomo con uno stile chitarristico contagioso che colpì i giovani appassionati di tutto il mondo. Fu anche un seguace appassionato di maestri del jazz come Django Reinhardt e del duo Les Paul & Mary Ford. Con queste basi, è normale chiedersi come diavolo sia finito per essere uno dei pionieri dei chitarristi di rock progressivo?...Continua a leggere.
Nel 1964 formò la sua prima band chiamata The Syndicats, e pubblicò alcuni single di rock & roll come, On the Horizon,Crawdaddy Simonee persino una cover di Maybellinedi Chuck Berry. Passò poi a un nuovo gruppo, The In Crowd, ribattezzati in seguito Tomorrow, con cui lanciò un paio di pezzi, questa volta con un approccio psichedelico, Revolutione My White Bicycle, oltre a un buon album di debutto. Ma si separarono nel 1968 e Steve entrò in un nuovo gruppo chiamato Bodastche all’epoca aveva già diversi seguaci, ma la loro casa discografica fallì e l'unico album che incisero nel 1968, The Early Years, non fu lanciato fino al 1981, rieditato poi da RPM Records , nel 2000, con il titolo di Spectral Nether Street: The Complete Collection. Dopo i Bodast, Howe cercò un altro gruppo con cui suonare e andò anche alle audizioni dei The Nice (con Keith Emerson) e dei Jethro Tull, ma non ricevette mai una chiamata.
Così nel 1970, quando il gruppo rock progressivo Yes licenziò il loro chitarrista Peter Banks, Howe prese il suo uomo. Registrarono il loro primo album con Howe alla chitarra, The Yes Album,quello stesso anno e sorprese più d’uno oltre ad avere un certo successo commerciale. Ma sarebbe stato il loro successivo lavoro, Fragile, nel 1972, e il single Roundabout che li portò al successo. In quella canzone usa la sua amata Martin 0018 per l'intro e una Gibson ES5 Switchmaster per le parti elettriche. Rimase con gli Yes per 10 anni fino alla separazione del gruppo, ma in quegli anni lanciò anche un paio di dischi da solista, Beginnings (1976) e The Steve Howe Album (1979). Il secondo dei due vede Steve al top della forma, suonando la chitarra classica e la sua Gibson Les Paul nel Concerto in Redi Vivaldi e in un altro pezzo rock 'medievale', All’s A Chord, che contiene riff imponenti che si fondono in affascinanti tocchi acustici.
Gli anni '80 furono anni intensi per Howe, prima fomrò un supergruppo chiamato Asia con il suo ex-compagno degli Yes, Geoff Downes alle tastiere, John Wetton (King Crimson) al basso e voce, e Carl Palmer (Atomic Rooster, Emerson Lake and Palmer) alla batteria. Nel 1982 e nel 1983 pubblicarono due album, Asiae Alpha, regalandoci successi come Heat of the Moment (nella Top 40 delle classifiche) e Only Time Will Tell. Il primo album vendette più di 4 milioni di copie solo negli Stati Uniti quell'anno e più di 10 milioni in tutto il mondo, e per finire, vinsero un Grammy come miglior nuovo artista nel 1982. Anche Alpha ottenne il disco di platino, con Don't Cry scalando le classifiche; un album pieno di melodie "arena rock" - organi, percussioni, assoli acidi- che non raggiunsero il livello del primo, secondo gli esperti, ma che, anche così, rappresentò un'impresa.
Howe lasciò il gruppo per formarne un altro nel 1986, i GTR, con l'ex Genesis Steve Hackett, e tirando fuori un altro Top 20, When the Heart Rules the Mind. Dicono che il Rock sia una questione di 'ego', e che il Progressive Rock lo spinga oltre, raggiungendo un 'ego orchestrale', dove i musicisti si vedono come 'compositori', un po' più sofisticati rispetto a semplici 'showmen' da qui i riferimenti classici e il jazz, segni distintivi del genere, e il sentirsi come degli dei. La mano di Steve Howe per creare questo stile rock fu fondamentale. Era capace di suonare jazz, country, classica, flamenco, barocco, raga e rock e farli suoi. Il suo QI era fuori da ogni schema. Per citare alcuni dei maggiori esempi del suo tocco da maestro, basti ascoltare il suo lavoro alle sei corde in Yours Is No Disgrace (The Yes Album), dove languidi arpeggi e wah wah scivolano in territorio psichedelico, o nella miscela country/ragtime di Clap (stesso album) o in Machine Messiah (Drama, 1980), in cui tocca la perfezione in un assolo 'Shred’ fatto di agilità da prestigiatore, tremolo e whammy.
Ma il gioco delle formazioni continuò il suo percorso e gli Yes si rifondarono senza Howe, lanciando due nuovi album che furono puramente commerciali, con 90125e la hit Owner of a Lonely Heart, il loro primo e unico numero 1. Ma Jon Anderson non era contento della direzione commerciale della band e raggiunse i suoi ex compagni degli Yes, Howe, Bill Bruford e Rick Wakeman per formare gli Anderson Bruford Wakeman & Howe, (non avevano i diritti per usare il nome Yes). Pubblicarono un album omonimo nel 1989, con ospiti come Downes, Rhett Lawrence, Max Bacon y Vangelis. Divenne disco d’oro negli Stati Uniti e raggiunse il 30º posto nella classifica Billboard 200. A quel punto misero insieme una nuova formazione degli Yes con Chris Squire al basso, Alan White alla batteria, Trevor Rabin alla chitarra e Tony Kaye alle tastiere. Lanciarono Union nel 1991 con recensioni entusiastiche e un tour mondiale.
Ma ormai conosciamo Howe: lasciò di nuovo il gruppo per riprendere la sua carriera da solista. Lanciò diversi dischi, Turbulence (‘91), The Grand Scheme of Things (‘93) y Quantum Guitar (‘98), arrangiando, producendo suonando chitarre elettriche, acustiche, a 12 corde, mandolino, tastiere, basso e batteria. Howe non si è mai annoiato, ha collaborato con artisti diversi come Queen, Dixie Dregs, Lou Reed, Fish y Frankie Goes to Hollywood. E non dimentichiamo il Steve Howe Trio, con cui pubblicò The Haunted Melody nel 2008 e Travellingdue anni dopo. Negli ultimi anni, Steve Howe ha mantenuto il motore acceso, lanciando sei dischi, Homebrew, con nuovo materiale insieme ad alcuni brani più vecchi, in cui suona tutti gli strumenti, che sono fondamentalmente la sua antologia del suo lavoro.
Il nome di Steve Howe non è così familiare come dovrebbe essere. Il suo talento, la sua curiosità e la naturale perseveranza per creare musica e lasciare il segno, era ed è epico.
Chapeau, Steve Howe!