Una donna di stile e sostanza
Di Paul Rigg
L’americana Gail Ann
Dorsey, conosciuta per essere stata la bassista di David Bowie, è anche una cantante e polistrumentista che ha
lavorato con una lista incredibile di artisti tra cui: Eric Clapton, Tears for Fears, INXS, Gwen Stefani, The The, Boy George,
B52, Lou Reed, NIN e molti altri ancora.
Ha pubblicato tre album da solista e attualmente sta
lavorando al quarto.
Raggiungiamo Gail Ann Dorsey nella sua casa di Kingston, a
una novantina di kilometri a nord di New York. È appena tornata a casa da uno
show privato a Denver, in Colorado, con Lenny
Kravitz, con cui ha lavorato negli ultimi sei anni, ed è felice di
condividere la sua straordinaria storia con i lettori di Guitars Exchange.
GE: È passato molto
tempo dal tuo ultimo album “I Used To Be”, del 2003! Cosa ti ha motivato a
inciderne un altro proprio adesso?
GAD: Mi è sembrato il momento giusto per farne un altro.
Spero di tornare in studio prima di Natale per terminare alcune tracce. Il
fatto è che mi piace molto lavorare per altre persone, l'ho fatto in pratica
tutta la mia vita. Non m’importa di essere ciò che potreste definire come una
"persona secondaria", perché finché suono musica, va tutto bene.
Ho ricevuto molti messaggi sui social media chiedendo "quando sentiremo un altro disco di Gail Ann
Dorsey?". Penso ci sia un pubblico lì fuori e credo di averlo fatto
aspettare troppo a lungo; io stessa ho aspettato troppo a lungo. Non ho alcuna
illusione di essere una grande popstar o altro, faccio musica perché sento sia
il motivo per il quale sono su questa terra. È la mia passione.
GE: Nella tua e-mail
hai detto che in questo momento stai organizzando una campagna di raccolta
fondi per finanziare il tuo album. Normalmente non è una cosa che dovrebbe fare
una compagnia discografica?
GAD: Beh, non ho avuto un contratto discografico dall'inizio
degli anni '90 - l'ultimo disco che ho fatto l’ho finanziato io stessa e in
sostanza mi ha fatto guadagnare i soldi per il Reality Tour di Bowie e per i miei concerti. Per quanto mi
riguarda, le offerte di una casa discografica non hanno mai funzionato alla
grande; non voglio davvero restrizioni. Voglio solo fare il disco che ho
intenzione di fare. Ho appena comprato una casa, dove mi sono trasferita a
marzo, e non ho soldi da investire, quindi sono felice di rivolgermi al
crowdfunding come fanno molti dei miei colleghi; è l'unico modo in cui posso permettermelo
al momento.
La campagna sarà lanciata a novembre. Ho già registrato un
paio di canzoni per conto mio. È un po' costoso da fare, ma ho dei musicisti
fantastici a mia disposizione qui e voglio poter fare le cose nel modo giusto.
GE: Con quali altri
musicisti stai lavorando?
GAD: Ho un grande chitarrista che si chiama David Spinoza che ha suonato con Donnie Hathaway, Paul Williams, Carly Simon
e James Taylor. Siamo diventati
amici qualche tempo fa. È così eccitante lavorare con lui perché è uno dei miei
eroi, ha suonato in tanti grandi dischi che adoro e anche in molti altri in
stile anni ’70, che è ciò che sto facendo. Voglio fare musica pop sofisticata
con buoni arrangiamenti, usando tutta la gamma musicale, perché penso che molta
musica pop al momento sia piuttosto piatta, insipida e monodimensionale. Mentre
il pop degli anni '70 aveva profondità e utilizzava molti tipi diversi di
strumenti, ecco perché userò anche archi e orchestrazione.
GE: Dove trovi l’ispirazione
per i testi?
GAD: Dalle cose della vita, l’amore, l’unità, le cose vere e
tutto ciò che succede nel mondo. Non mi occupo di politica, ma sicuramente
m’interessano le politiche sociali, dove siamo come esseri umani; molti dei
testi vengono fuori da lì.
GE: Quale brano ti
piace di più?
GAD: Sono entusiasta della prima canzone che abbiamo
registrato. È molto ‘poppy’ e si chiama It takes
all kinds to make a world. È principalmente un omaggio a mia madre
che è morta cinque anni fa. Era una donna molto tollerante e gentile; lei
avrebbe detto quelle parole e che non bisogna mai giudicare.
È una frase cliché ma per me ha un significato speciale
perché improvvisamente la canzone ha preso vita in un momento estremamente
importante. Il mondo è diviso ma molte persone hanno ancora speranza e amore
nel loro cuore e, di tutte le cose che esistono, penso che la musica sia sempre
stata una di quelle che possano farlo emergere. È una canzone molto edificante.
Tutto può funzionare - lo credo davvero.
GE: Quando è prevista
l’uscita dell'album?
GAD: Spero entro la prossima primavera. Ho rifiutato molto
lavoro per cercare di liberare spazio in agenda. L’ho fatto insieme ai miei
altri impegni, ed è per questo che ci vuole tempo.
GE: Ci piacerebbe tornare
ai tuoi primi tempi adesso. C'è una bella foto di "Google images" del
1978 - immaginiamo tu abbia sui 16 anni nella West Philidelphia – con un basso
in mano. Riesci a ricordare quali erano i tuoi sogni in quel momento?
GAD: Essere una cantautrice e avere una band. Da bambina
sognavo di lavorare e di poter cantare con artisti come Olivia Newton John. Sono cresciuta guardando artisti di varietà e
sognavo di collaborare con loro. Ma non avrei mai pensato di diventare una
turnista di questo livello. Volevo solo fare musica e film.
GE: C'era qualcosa che
ti tratteneva in quel momento della tua vita - o hai sentito che avresti conquistato
il mondo?
GAD: Sentivo di non avere altra scelta. Sentivo che
qualunque cosa avessi dovuto fare per essere un musicista nel mondo, qualunque
sacrificio, l’avrei fatto. Ero molto concentrata. Ho avuto tutti contro di me. Venivo
da una famiglia umile, ero una donna, mio padre è morto quando avevo sei
anni, i miei fratelli erano molto più grandi di me - ero la bambina ‘a sorpresa’
dopo cinque figli. Le mie sorelle e i miei fratelli erano già tutti fuori di
casa quando avevo solo 10 anni, eravamo sole, mia madre ed io, che vivevamo dell’assistenza
sociale.
La maggior parte dei miei amici è andata al college, si è
sposata e non ha mai lasciato Phili. Sapevo che dovevo andarmene e non avevo
paura di farlo. Dovevo solo uscire e vedere cosa c'era là fuori.
Sono andata al California Institute of the Arts a 17 anni.
Era principalmente una scuola di danza, cinema, teatro, musica e arte grafica.
Ha attratto molti artisti pazzi, ma io capii che non avevo il temperamento per
essere regista. Ci vuole un sacco di tempo per fare un film; mentre io potevo
prendere una chitarra, andare in un bar con una decina di persone, cantare una
canzone e vedere la risposta immediata. Mi sono resa conto che la musica è ciò
che dovessi davvero fare.
GE: Hai iniziato a
suonare la chitarra a nove anni, e poi sei passata al basso a 14. Perché il
basso?
GAD: Non avevo affatto voglia di essere una bassista, l'ho
fatto per lavorare! La chitarra è il mio strumento preferito da sempre. La
chitarra è lo strumento che ha catturato il mio cuore, parla per me nel modo in
cui voglio - le chitarre elettriche e acustiche sono strumenti pazzeschi.
Presi in mano un basso per lavorare, perché sapevo che avrei
trovato un lavoro, perché nessuno lo suonava. Negli anni '70 a Phili quando
stavo cercando un lavoro estivo, vidi una band che stava facendo un po' di
soldi, e così ho risposto a un annuncio per il posto di bassista. Le persone
stavano cercando bassisti o batteristi. Suono la batteria, ma ho pensato che
"il basso non può essere poi così male
solo per avere meno corde di una chitarra", quindi ne presi in
prestito uno per un'audizione. Ottenni il lavoro, il primo, in una ‘top 40’
band, ed è così che sono diventata bassista. Mia madre mi disse che mi avrebbe
comprato un basso se avessi ottenuto il lavoro e lo fece! (ride)
Doveva essere una cosa temporanea ma m’innamorai dello
strumento, pensai 'oh mio Dio, è così divertente!' Non mi ha tolto l’amore per
la chitarra ma suonare il basso mi ha fatto capire cosa sia uno strumento
incredibile; la responsabilità del bassista è enorme. È lo strumento più
importante di tutti.
GE: Quali sono i tuoi
bassi preferiti?
GAD: Uso Sting
Rays di Ernie Ball. Al momento ne sto usando uno che ho preso da loro
nel 2011, uno Sting Ray classic
- hanno rieditato la versione originale, a a volte lo uso con Lenny - e
poi suono il mio preferito, il Marilyn '86, che presi a Londra. Ne ho anche uno
a cinque corde.
Curiosamente, dall'altra parte della strada vive Tony Levin, il bassista di Peter Gabriel, che fa cose con Spinoza,
e stavo parlando con lui l'altro giorno quando mi ha detto "Ho un sacco di Stingray di cui mi voglio
sbarazzare, perché sto traslocando", quindi (ride) forse ne prenderò
qualcun’altro da Tony!
Lo Stingray è il mio preferito; adoro i bassi Music Man. Quando ero giovane vidi [Louis]
Johnson dei Brothers Johnson suonarne
uno e mi piacque. Ho un basso della Epiphone, che è quello che mi comprò mia
madre. Se un bassista può permettersi di avere solo un basso, penso che il mio
consiglio sarebbe quello di prendere uno Stingray. È buono per il rock, il
funk, puoi farci ‘slap’, puoi suonarlo sempre, è così solido, e ha sempre un
buon tono. Un sacco di principianti mi chiedono che basso dovrebbero avere e lo
consiglio vivamente perché ti permette di sperimentare e trovare il tuo sound e
poi poter decidere se sei una persona più Fender o Gibson, o qualsiasi altra
cosa.
GE: Abbiamo letto che
vedere Heart e le sorelle Wilson ti
ha fatto capire che saresti potuta salire su un palco per suonare musica rock.
Puoi descrivere quel momento?
GAD: Quando uscirono Magic
Man e Crazy on You, e il loro
primo grande album nel 1975/6, le vidi in TV e pensai 'Wow!', sono brave quanto
tutte quelle altre band che ho ascoltato come i Led Zeppelin, i Rolling
Stones e i Supertramp.
All'improvviso arrivò questa rock band capitanata da donne e non solo quello:
Nancy Wilson suonava una SG! Certo, mi piacevano le Runaways, anche loro erano fantastiche, ma Heart era diverso - erano due sorelle, ma avevano anche dei ragazzi
nella band. Non che le Runaways fossero da meno, ma era sicuramente una trovata
che fossero una band tutta al femminile. Joan
Jett è un’eroina per me come tutte le componenti di quella band, ma c'era
qualcosa nel vedere Ann e Nancy lassù... Penso che Ann sia la più grande
cantante rock che sia mai esistita, la sua voce è incredibilmente potente e
versatile, è intoccabile. Vederle suonare mi diede più fiducia, sentii di
poterlo fare: essere una donna e affrontare una band con degli uomini. Amo Heart, li ho visti un milione di volte
e continuo a vederli. Sono diventata una fanatica, in effetti sono ancora la
mia seconda band preferita di tutti i tempi.
GE: Dobbiamo chiedere
ora chi è la tua prima band preferita?!
GAD: La mia prima band preferita sono i Queen. Semplicemente li amo; sono la band più incredibile che abbia
mai visto in tutta la mia vita. Era come una magia, non so nemmeno come quattro
ragazzi potessero fare una musica così straordinaria. Incredibile.
GE: Nel tuo primo
album “The Corporate World”, che ha ricevuto ottime recensioni, abbiamo visto
Eric Clapton; com’è successo?
GAD: La collaborazione è nata grazie mio produttore, il
bassista Nathan East, che all'epoca
era il bassista di Eric Clapton. Ero
andata all’incontro A&R (Artista y Repertorio) a Londra per discutere dei
produttori, Nathan era in giro e gli offrirono il lavoro. Nathan poi portò
Clapton - penso più per un suo beneficio che per il mio, a essere onesti – per suonare
su un singolo. Clapton ha suonato la chitarra ritmica e solista su Country. Ovviamente è uno dei miei guitar heroes, quindi ero davvero
eccitata.
Avevo Clapton nel disco e lui portò Steve Ferrone alla batteria - Steve ha suonato con Tom Petty, che abbiamo perso da poco.
Così io e Steve siamo rimasti in contatto, lui è un batterista fenomenale e una
delle persone più dolci del mondo; quella fu una delle tante grandi esperienze
che ho avuto grazie a Corporate World.
GE: Quando stavi
promuovendo il tuo album di debutto, David Bowie vide una tua intervista e disse
"Wow, questa donna è interessante", poi ti ha chiamato per invitarti
a unirti a lui nel tour di Nine Inch Nails. Quell’incontro si è poi trasformato
in un viaggio di 20 anni insieme - è andato tutto così liscio come sembra?
GAD: Assolutamente! (ride). David è una persona che da solo
ha cambiato la mia vita. Al momento stavo lavorando per Tears for Fears. Ero con Roland
Orzabal a Bath, dove ha un incredibile studio di registrazione nella sua
proprietà, e stavamo scrivendo canzoni. Avevamo appena finito un tour dei Tears
for Fears, avevamo registrato un album, The
Kings of Spain, e stavamo lavorando insieme su dei pezzi miei, quando
arrivò una chiamata a casa sua. Non riesco a ricordare come David abbia
ottenuto il numero, deve aver chiamato il mio manager a New York e aver scoperto
dov’ero. Ricordo che la moglie di Roland prese la chiamata in cucina –vedo
ancora quell’immagine-, corse per il vialetto fino allo studio, era cinerea, e pensammo
'cos’è successo?' e disse 'Bowie ha
appena chiamato e sta cercando Gail'. Ho pensato 'oh mio Dio!'. Cinque
minuti dopo, il telefono squillò ed era lui, all'inizio pensai che fosse
qualcuno che stava facendo uno scherzo, ma dopo alcuni secondi pensai 'questo è
davvero lui'. Mi disse "Ho una proposta per te, stiamo mettendo
insieme una band per andare in tour con Nine Inch Nails". Ne avevo
sentito parlare ma non conoscevo molto bene la sua musica. Disse che erano solo
sei settimane e poi sarei potuta tornare al mio disco, e dissi 'ok, ci
penserò'. Riattaccai e andai da Roland, che immediatamente disse "devi farlo, questo è David Bowie!".
E così andai! Ma le sei settimane si sono trasformate in un altro tour chee poi
è diventato l'album Earthling e poi
un altro tour, e un altro disco, un video, e non è mai finita. Sono diventata la
sua bassista fino, naturalmente, all'ultimo disco, quando ha usato una band di
jazz. Non si è mai fermato.
GE: Hai detto che
Bowie aveva la migliore voce maschile fra tutte le rockstar e che prendeva
decisioni musicali che nessun altro poteva vedere o sentire. Quanto spazio ti
ha permesso di sviluppare nel tuo stile musicale?
GAD: Molto. Sapeva sempre quale sarebbe stato il risultato
quando stavamo registrando o imparando qualcosa per la prima volta. Ho pensato
spesso "Non ho idea da dove prenderà queste cose" - ti dava una linea
di base di qualcosa e ti lasciava libero di suonare istintivamente un riff tuo.
Era un tipo che diceva ciò che non voleva
più che il contrario. La sua arte, la sua abilità, il suo incredibile genio, venivano
dal saper scegliere le persone giuste - poteva vedere in me ciò che io stessa non
avrei mai potuto vedere come musicista, mai. Non ho mai pensato di essere
abbastanza brava da far parte della sua band. Anche adesso mi pizzico, perché
non ho un allenamento musicale, non leggo musica e ho un sacco di limitazioni,
ma so fare alcune cose molto bene. Una volta mi disse "è come girare un film - se prendi le persone
giuste nella tua band, le persone che lavoreranno insieme per creare questa
cosa, allora il tuo lavoro è finito" - questa è l'abilità. Ha sempre
saputo chi volesse per suonare con lui: Zack
Alford [batterista], Gerry Leonard
[chitarrista], Mick Ronson
[chitarrista], me stessa, immagino; quando metteva insieme un gruppo di persone,
poteva già sentire come avrebbero suonato insieme. Studiava, scriveva le
canzoni e ci lasciava interpretarle. Il modo in cui costruiva una canzone era
unico, non conosco nessun altro artista che lavori in quel modo.
GE: Bowie ti ha dato
solo due settimane per imparare "Under Pressure" dei Queen. Hai detto
che ti è sempre piaciuto che ti mettesse sotto pressione; ci sono altri esempi
che ricordi del tempo in cui hai lavorato con lui?
GAD: Sì! Immagino che non l’ascolterò mai, visto che ora fa
parte del suo patrimonio, ma una volta eravamo in studio per incidere O Superman di Laurie Anderson, che stava producendo per me. Poi abbiamo fatto una
versione live - e anche questo è stato uno ‘stress’- se cercate su YouTube forse
ne esiste un clip da qualche parte. Era il mio pezzo, io cantavo la parte
principale: lui stava sullo sfondo, ballava e, a un certo punto, suonava un po'
il sassofono, ma in ogni serata quella era la mia canzone.
È stata la stessa cosa con Under Pressure, ti stai mettendo nei panni enormi di due artisti
molto distinti e riconoscibili - Freddie
Mercury e Laurie Anderson. Sai che non puoi copiarli perché non suoni nulla
di simile a loro, ma vuoi che suoni bene e abbia una certa integrità. Questi
sono due esempi che mi hanno fatto sudare. Sicuramente due grandi sfide.
GE: C'è una
performance di Heroes su Youtube (più di 23 milioni di visualizzazioni), dove
Bowie sta scherzando con te, dicendo: ‘fai un bel sorriso per il tuo paparino’…
GAD: (ride) Non so se l'ho visto. Devo cercarlo!
GE: A cosa stavi
pensando quando lo disse?
GAD: Non lo so. Stava sempre scherzando, non era un
pagliaccio né nulla del genere, ma aveva un modo di fare molto attivo, molto
british, un senso dell'umorismo molto secco. Magari era uno scherzo che, ad
esempio, iniziò alle 3 del pomeriggio durante il soundcheck. Succede spesso
negli spettacoli.
GE: C’è un momento con
Bowie che ti fa sempre sorridere quando ci pensi?
GAD: Quando abbiamo festeggiato il suo cinquantesimo compleanno
nel Madison Square Garden, con Lou Reed,
i Foo Fighters, Robert Smith dei Cure, Billy Corgan... abbiamo fatto prove per
settimane. Sembrava di essere in una grande produzione di Broadway o qualcosa
del genere, con costumi, scenografie, artisti diversi, vestiti, carpentieri che
facevano un sacco di cose; era una cosa che ho sempre sognato da bambina.
Ricordo quella notte, quando arrivò il turno di Waiting for my man con Lou Reed e David che cantavano, e
guardai verso la mia destra ed eccoli lì, loro due, e stavo suonando il basso
ed era quasi come un’esperienza extracorporea. Non so perché ricordo questo
episodio, perché ho avuto così tanti momenti incredibili sul palco, ma quello
mi fa sempre sorridere; pensai 'Wowww!' è come passare improvvisamente dai nove
anni a quel momento e dire 'Oh mio Dio, come ho fatto?!'
GE: L'elenco dei grandi
artisti con cui hai lavorato è francamente sconcertante...
GAD: Parlamene! (ride)
GE: Vorremmo menzionare
il nome di una star e chiederti la prima parola o il ricordo che ti viene in
mente:
GE: Gwen Stefani?
GAD: Poker! (ride) Ho imparato a giocare a poker nel tour di
The Sweet Escape, so che sembra un
riferimento divertente, ma è quello che ricordo - è stato così divertente!
All'inizio, non sapevo nemmeno che avesse una carriera da
solista e non avevo nemmeno sentito la sua hit Hollaback Girl. Quando mi chimamò di punto in bianco e mi disse
"Sto facendo questo tour da solista
e mi piacerebbe che suonassi con me",
pensai "cosa sto facendo, è come una
caramella per bambini?". Non avevo mai suonato quel tipo di musica
prima. L'avevo incontrata in uno dei tour di Bowie, credo nel 1997/98, sapevo
che fosse una persona molto simpatica e adorabile. Il pubblico era pieno di
ragazzini di dieci anni che urlavano, era una cosa divertente; come una grande
festa di compleanno!
GE: Bryan Ferry?
GAD: (Silenzio) Strano! (ride) Strano ragazzo, molto carino,
ma quell'esperienza… ricordo che mi sentivo come se fosse super sensibile e
dovessi proteggerlo. Sentivo che dovevo essere cauta e assicurarmi che stesse
bene, perché era difficile per lui esprimere ciò che voleva. È molto timido. Non
poteva cantare di fronte a me; quando cantava in studio, andava in un'altra
stanza o nella tromba delle scale, dove nessuno poteva vederlo.
GE: Boy George?
GAD: Divertente! George è proprio come appare, non ha senso,
è davvero un ragazzo divertente. Buon senso dell'umorismo; non così acuto come
quello di Bowie, ma era sempre pronto per una risata.
GE: Matt Johnson di "The The"?
GAD: Ragazzo fantastico e ‘cool’. Mi sono divertita molto a
lavorare su quel disco, Hanky Panky
[il quinto album in studio di The The],
interpretando le canzoni di Hank
Williams. Sapeva quello che voleva, era pignolo in termini di "Voglio una linea di basso così" -
che è un po' com’è anche Lenny Kravitz.
Devi stare al gioco, quando sente qualcosa e la vuole in un certo modo, devi
fare come dice. Un tipo anche molto alla moda; mi è piaciuto molto lavorare con
lui.
GE: Michael Hutchence degli "INXS"?
GAD: (Sospira) Amore! Ho avuto una cotta per lui, devo
ammetterlo, penso sia così sexy (ride) Oh mio Dio, (ride). Mi piaceva guardarlo
nei video, come un Mick Jagger più sexy ancora o qualcosa del genere, era così
‘hot’! E poi incontrarlo fu... Avevo solo amore negli occhi, era un bravo
ragazzo.
Ho avuto questa sensazione con lui... L'ho rincontrato per
una birra quando le nostre strade si sono incrociate poco prima che morisse...
L’ho sentito vulnerabile, non come il ragazzo che avevo incontrato in
precedenza. Sapevo che era appena tornato con gli INXS, ma non credo che fosse contento
di tornare con loro a quel punto, penso ci fosse qualcos'altro nella sua vita.
Era decisamente molto vulnerabile, voleva troppo e credo che non fosse
cosciente, stava cercando di arrivare ad un altro livello, forse si sentiva
intrappolato, non lo so.
Ma c'è una cosa che mi fa ridere ancora oggi. Eravamo a un
festival da qualche parte in Europa, io ero nel corridoio del backstage, e
Michael disse a David: 'Voglio fare una
cosa da solista e vorrei la tua bassista, sto per portartela via', e David rispose:
"Non credo proprio!". Mi resi
improvvisamente conto che mi trovavo fra queste due grandi star, sex symbol del
rock, che stavano litigando per decidere chi dei due sarebbe stato in grado di
"portarmi via". Per me fu esilarante, come, “questo sogno è fuori
controllo!”. Quante donne vorrebbero essere state nella mia situazione in quel
momento? Mi fa ancora ridere!
GE: Trent Reznor dei 'NIN'?
GAD: Quello che mi viene in mente adesso è qualcuno che
soffre. Durante il tour era drogato; non so cos’abbia fatto, ma questo ragazzo
non era felice. Faceva a pezzi i camerini, danneggiava ogni cosa, ogni notte.
Ricordo solo stanze completamente distrutte, o vederlo nel corridoio, seduto
per terra. Era solo infelice.
Ora è sobrio, sta facendo le cose per bene e sta scrivendo
ottima musica. Compro ancora le sue colonne sonore e tutto ciò che fa. Capisco
perché piacesse tanto a David e pensasse che fosse un genio, perché credo che
lo sia. È un ragazzo incredibilmente talentuoso, e ho potuto vederlo, anche
attraverso il periodo di merda che stava attraversando quando eravamo in tour.
Aveva toccato il fondo, ma penso che abbia cambiato strada, per fortuna.
GE: Lenny Kravitz?
GAD: ‘Lenny boy’,
è un tesoro. Lenny è molto in forma. Io non lo sono, non mi è mai piaciuto, ma
stavamo provando per l'ultimo tour in una casa a Miami che aveva affittato -
l'intera band viveva insieme nella casa - e parte del rituale era quello di alzare
il culo e andare in palestra al mattino. Eravamo in un viaggio, nella palestra
dove ci allenavamo e improvvisamente vedo diversi famosi lottatori di wrestling
americani della WWE come Rock e Sheamus. Conosci questi ragazzi, alti
quasi due metri? Lenny li conosceva e organizzò per mio nipote di 21 anni, che
vuole davvero fare il wrestler, una conversazione telefonica di 45 minuti con
uno di loro. Poi organizzò un incontro in una palestra della Florida tra mio
nipote e questi ragazzi, e questo per me fu così bello. Lenny può essere molto duro
quando lavora, perché è un tipo speciale, può essere molto intenso, ma a
livello umano è molto, molto, dolce. È come il mio fratellino o qualcosa del
genere! (ride)
GE: Hai lavorato con
molti altri artisti di spicco, ma c'è qualcuno in particolare, vivo o morto,
con cui ti piacerebbe fare una jam?
GAD: Alcune settimane fa ho avuto l'opportunità d’incontrare
Willie Nelson, perché suonava da
queste parti. Conosco Mickey Raphael,
il famoso armonicista che ha suonato in tutti i suoi dischi. Ho chiamato Mickey
- avevo già comprato un biglietto per il concerto - e Mickey mi disse di andare
a salutarlo prima dello spettacolo. Così sono andata da Mickey e mi ha detto
"andiamo a salutare Willie sul bus".
Non so in quale altra occasione sia stata così nervosa, voglio dire, ho
incontrato un sacco di stelle come puoi immaginare, di solito non è un grosso
problema, ma questa volta si lo è stato! Ho sempre voluto cantare con Willie
Nelson, fare un duetto con lui, è sempre stato un sogno d'infanzia, non credo
che lo farò mai, ma ho avuto modo di sedermi con lui per cinque minuti sul bus,
e di nuovo mi sono sentita una bambina di 10 anni; mi batteva forte il cuore e
non sapevo cosa dire. Era come un'allucinazione.
Alcune persone mi chiedono "perché non hai scattato una foto?". Non mi è venuto in mente
di tirar fuori un telefono o qualsiasi altra cosa, stavo semplicemente pendendo
da ogni sua parola. Sono stata molto felice di dirgli quanto lo amo e quanto la
sua musica abbia significato per me durante tutta la mia vita, e ha detto “be’, sto solo facendo quello che mi piace
fare, mi sento come se stessi compiendo la missione per la quale sono qui”,
e poi ha detto “mi sembra che tu stia
facendo esattamente la stessa cosa”; ho solo pensato 'Willie, sentirlo uscire dalla tua bocca mi ha toccato il cuore'.
Adoro le sue canzoni, la sua voce, il suo atteggiamento, tutto ciò che lo
riguarda; non ho una fotografia, ma ho quel momento nel cuore, e rimarrà con me
per sempre. È stato molto speciale per me.
La nostra intervista si conclude chiacchierando di notizie
d’attualità, sulla situazione delle donne nel mondo. Chiediamo a Gail se ha
qualche consiglio per le giovani donne: “Direi
loro di essere più forti che mai, di parlare senza stancarsi mai di come si
sentono trattate, nel bene e nel male. Per le donne è difficile farlo perché è
nella loro natura vergognarsi, stare calme, fin da quando arriva il momento del
‘periodo’, tutte quelle cose che le donne sentono di dover nascondere e o di cui
non possono parlare".
"Le donne hanno
fatto progressi incredibili, specialmente nella musica, l'ho visto io stessa",
continua. "Se c'è qualcosa che abbia
fatto, anche fosse solo per cinque bambine al mondo, incoraggiando o rendendo
la loro voce più forte - o facendole sentire come mi sono sentita io da
ragazzina quando vidi Nancy Wilson sul palco - per far decidere una giovane
donna a seguire la strada della musica o dell'arte, o qualunque altra cosa non
pensassero di poter fare solo perché donne, allora credo di aver fatto ciò di
cui c’era bisogno in questo mondo. Questo, per me, sarebbe uno degli onori più grandi".