Una Stratocaster per pennello
Di Massimo D'Angelo
Ci
siamo imbattuti in Ivano Icardi per
caso. E per caso abbiamo ascoltato il suo nuovo disco, So Far Away, in un'epoca in cui stavamo cercando dischi strumentali
per il nostro Jukebox, dove la chitarra fosse l’unica protagonista indiscussa. Cercavamo
oltreoceano, persi tra Play di Brad Paisley (2008), e Power Of Ten di Shawn Lane (1992), quando siamo entrati in contatto con Ivano. Allora
abbiamo deciso di restare in Europa e più precisamente in Italia.
Torinese,
classe 1975, Ivano Icardi iniziò a suonare la chitarra a soli 5 anni,
‘obbligato’ da sua madre –lui voleva essere violinista-. Dopo un anno di
noiosissimi esercizi con la chitarra classica, fu l’intelligenza di un maestro,
Giancarlo Mellano, a metterlo sulla buona strada: imparare le canzoni dei
cantautori italiani. Da allora Ivano non ha mai smesso di suonare, di
esercitarsi e di studiare il suo
strumento.
Icardi
è al suo secondo disco (il primo, Walking
With The Giants, uscì nel 2013), e arrivare a vivere il suo sogno, quello di
vedere la propria faccia sui cartelli e leggere il proprio nome nei programmi
dei club dove suona, non è stato facile. Il viaggio è stato lungo: per più di
dieci anni ha lavorato dietro le quinte, componendo più di 3.000 pezzi fra spot
pubblicitari, colonne sonore di film e canzoni per altri, usando uno
pseudonimo. Fino a che decise, cinque anni fa, di essere se stesso: Ivano
Icardi, chitarrista.
Ivano
possiede una comunicatività musicale eccezionale. Sarà per gli anni di studio, per
la padronanza dello strumento, per la sua fantasia nel processo compositivo o
per tutto il tempo che ha dedicato a inventarsi musiche per la pubblicità,
musiche per storie che si raccontano in una manciata di secondi.
Abbiamo
ascoltato i due dischi di Icardi con attenzione e ne siamo rimasti stupiti. Ci
ha colpito assai positivamente il percorso e l’evidente crescita fra il primo e
il secondo lavoro: Ivano si mostra attraverso i suoi brani alternando un
virtuosismo invidiabile a una dolcezza cristallina. Suona storie che si
ascoltano, racconti che emozionano senza aver bisogno di parole. Dipinge
quadri, dove i colori sono accordi e note che danzano insieme e s’intrecciano
sulla tela della sua fantasia. Magnifici quadri che dipinge con la sua
Stratocaster, protagonista indiscussa soprattutto dell’ultimo CD, che ogni
amante delle sei corde e della buona musica dovrebbe aggiungere alla propria
collezione.
GUITARS
EXCHANGE: Qual è la differenza fra le emozioni che provi in studio e quelle che
provi dal vivo?
Ivano Icardi: Lo studio è
dove sono cresciuto, suonare lì è la cosa più naturale per me: la musica è una
gioia, un piacere. È talmente bello quello che faccio che provo una sensazione
di felicità, gratitudine e benessere. Poter lavorare con la propria passione è
la cosa più bella del mondo. I concerti sono una cosa diversa. Quando sono su
un palco mi sento a casa: mi sono preparato tutta la vita per farlo. Guardare le
persone e vedere come si emozionano…non posso essere più felice: questo è il
motivo per il quale faccio musica.
GUITARS
EXCHANGE: Nei tuoi dischi troviamo pezzi funk, rock, blues e persino country…e
tutti con un titolo incredibilmente adatto. Dove trovi l’ispirazione?
Ivano Icardi: Considera che
il mio background, fin da ragazzino, era vedere immagini e musicarle, cosa che
poi è diventata il mio lavoro. Quando scrivo musica, vedo un film nella mia
testa…Ogni mio brano ha un suo film: è così per il brano Velvet, dove ho immaginato una ragazza che cammina da sola in una
strada, piove, è triste, con i capelli bagnati, avvolta nel suo maglione di
lana e intanto pensa a qualcosa che le è successo. Il tutto scorre in un
filmato che diventa un brano, pensando un po’ a John Mayer e a quei mondi che a me piacciono molto. Se ascolti Children, capirai perché non potrebbe
chiamarsi in un altro modo: immagino dei bambini che giocano in un parco in una
giornata assolata. Così come il brano intitolato Los Angeles, il pezzo che ho suonato con i miei amici di lì, ha il mood di quella città. Le mie canzoni sono soundrack di film
che non ci sono. Per me è importante che un pezzo abbia un nome, un titolo che
rappresenti nella maniera migliore il film che avevo in testa. È anche un
suggerimento per chi ascolta, così partecipa di più alla musica e apprezza di
più il messaggio che volevo dare con il brano.
GUITARS
EXCHANGE: Fra tutti i brani che hai composto, qual è quello che più ti
rappresenta?
Ivano Icardi: La gente ama
moltissimo I Remember To Fly e dice
che mi rappresenta moltissimo, chitarristicamente parlando. È un singolo che
alla fine non ho inserito né nel primo né nel secondo disco. Penso che Velvet, dell’ultimo disco, sia uno dei
momenti in cui mi esprimo meglio tra la chitarra e la composizione, è un pezzo
che ha quello spirito di delicatezza sonora a cavallo fra diversi generi. Anche
Soldier Song per me significa molto,
per tutte le sfumature che ha il tema. In generale tutto So Far Away mi rappresenta in pieno dall’inizio alla fine, dai
pezzi al formato digipack del disco,
un oggetto, che ho voluto curare fin nei minimi dettagli perché descrive me e
il viaggio musicale che ho fatto e che mi ha portato fin qui. È importante
riuscire a sposare un’immagine con la storia che racconta.
GUITARS
EXCHANGE: Tra il primo e il secondo disco sono passati tre anni. Com’era l’Ivano
Icardi di allora rispetto ad ora e come ti vedi fra tre anni?
Ivano Icardi: Ai tempi di Walking With The Giants arrivavo dal
lavoro di background della musica. Suonavo tantissimo ma non come adesso. Nel
primo disco c’è più il compositore e meno il chitarrista. Da Walking With The Giants a So Far Away ho lavorato e suonato
tantissimo come chitarrista e si sente: c’è molta chitarra nell’ultimo disco.
Ho elaborato e voluto un mio stile che è venuto poi naturale, lavorando con
tante voci sullo strumento: ho bisogno di sentirlo interamente. Nelle mie
composizioni ci sono sempre accordi e tante voci che suonano insieme. Il mio
stile è diventato particolare perché suono solo la mia musica, come mi viene
naturale…non suono musiche di altri. Sono contento di me come chitarrista e
compositore, non per vanto ma per soddisfazione: mi piace ciò che faccio.
Cosa
farò fra tre anni non ne ho idea…punterei molto sui concerti. Ho visto che la
gente ha voglia di sentire musica dal vivo. Viviamo una condizione bipolare: da
una parte gli organizzatori si ‘spaventano’ quando si parla di musica
strumentale, dall’altra, quando c’è un concerto, c’è un riscontro pazzesco da
parte della gente. Ho in mente un tour europeo e in Italia mi piacerebbe
cominciare a uscire dai club e iniziare a girare per i piccoli teatri: la dimensione
perfetta per me. Nei miei spettacoli non c’è mai nulla di troppo esagerato,
esasperato o complesso dal punto di vista musicale e armonico. Cerco di
mantenere una sensazione di piacevolezza nella musica, di armonia.
GUITARS
EXCHANGE: Chi sono i tuoi chitarristi di riferimento? Con chi ti piacerebbe
suonare?
Ivano Icardi: Mi piace
tantissimo John Mayer…mi piace ascoltarlo: ma non vorrei mai salire sul palco
con lui perché poi non mi godrei più il fatto che lo sto ascoltando. Non ascolto
tanta musica adesso, ma ne ho ascoltata a quintali! Ho suonato tutto di tutti…da
Mike Oldfield a Steve Vai o Satriani…e li suonavo fino a farmi sanguinare le
dita quando ero un ragazzino. Negli ultimi dieci anni ho ascoltato pochissima
musica: sono così preso da quello che faccio che quasi non ne ho il tempo.
Suonerei con tutti e con nessuno. L’importante è che ci sia sentimento,
comunicazione e arte. Ci dev’essere dietro qualcosa.
GUITARS
EXCHANGE: Ti vediamo sempre con la Stratocaster e ci chiediamo se hai anche tu
qualche ‘momento acustico’.
Ivano Icardi: Certo! Per me
la chitarra acustica è la base. Mi piace suonarla nei modi più semplici, tipo strumming. Se ascolti i miei dischi c’è
tantissimo del modo di suonare la chitarra acustica. Questo è dovuto alla mia
formazione classica del conservatorio e questo mi è rimasto nelle mani. Ascolto
poco i chitarristi acustici perché per me, dopo Michael Hedges, è stato solo un ripetersi. L’unico è Tommy Emmanuel, con cui sono in
contatto, fra l’altro. Mi piace guardarlo suonare e godermelo. Da lui ho
imparato l’essere un po’ attore sul palcoscenico: comunica in un modo tale che
la gente si diverte, crea un feeling con il pubblico ed è così che si fa, la
musica è quello.
GUITARS
EXCHANGE: Che consigli daresti a chi inizia a suonare? Quali sono i dischi che
ogni chitarrista dovrebbe imparare a memoria?
Ivano Icardi: La prima cosa è
quella di imparare ad emozionarsi con la musica. Godere delle piccole cose e
piccole soddisfazioni che si ottengono con uno strumento: è il motore, il
carburante che ti fa andare avanti. Un’altra cosa importantissima è imparare a
conoscere il proprio tempo musicale. Il 90% dei chitarristi passa la propria
vita a imparare a fare assoli ma non sa accompagnare una canzone. La solidità
del tempo, l’esserne consapevole, è fondamentale. È un concetto molto complesso
ma si può riassumere così: imparare a suonare fra gli spazi vuoti del
metronomo. Quello che c’è in quegli spazi è ciò che dà il groove, la morbidezza. Se trascuri quello, non sei un musicista
perché la musica è lì in mezzo.
Per
quanto riguardai i dischi, se suoni rock, Passion
And Warfare di Steve Vai è la
bibbia, ancora adesso. È stato un disco che ha cambiato il modo di suonare la
chitarra. Un altro disco che bisogna avere è Made In Japan dei Deep
Purple. Per quanto riguarda l’acustico direi Aerial Boundaries di Michael
Hedges. Invece un chitarrista blues che adoro e che mi piace veramente
tanto è Carl Verheyen: ha tutto per
essere il numero uno dei chitarristi blues, ha una preparazione infinita, è un
amico e ho massimo rispetto per lui.
GUITARS
EXCHANGE: Raccontaci il tuo suono attraverso gli strumenti che usi.
Ivano Icardi: Suono la
Stratocaster perché è una chitarra difficile da suonare…una sorta di masochismo musicale. Per anni ho suonato
una Parker Fly ed ho una collezione con un sacco di chitarre: Les Paul,
Telecaster, acustiche, classiche. Alla fine suono la Stratocaster perché se ne
suonassi un’altra suonerei molto di più e già suono tanto! La Stratocaster è
uno strumento ostico, non perdona assolutamente nulla. È la chitarra che mi
permette di tenermi un po’ a freno. È uno strumento altamente espressivo e
molto equilibrato che non eccede mai: non è estremamente rock né jazz. È molto
versatile, ma ti permette virtuosismi solo lavorandoci veramente tanto. Per
questo motivo, diventa allo stesso tempo uno strumento che ti fa concentrare
più sulla musica e meno sul fatto di essere velocissimo.
È
diventata la mia chitarra principale per questo motivo. Per me è un attrezzo:
non sono un esperto di chitarre. Credo che non è tanto la chitarra che conta ma
la persona che c’è dietro lo strumento: è l’essere umano che fa la differenza.
In
So Far Away ho usato la mia Strato American
Standard del 2000 anche per le ritmiche, ottenendo un timbro molto omogeneo,
certo cambiavo il suono e gli amplificatori…e poi pensa che il 90% del disco è
stato registrato con il Kemper! Per le parti acustiche, invece, ho usato le mie
Martin: per me è la vera chitarra acustica, il vero suono.
GUITARS
EXCHANGE: Hai fatto qualche modifica alla tua Stratocaster?
Ivano Icardi: Si, ho fatto
piccole modifiche nel tempo, per renderla ‘indistruttibile’. Poiché cambiavo i
tasti una volta all’anno, decisi di far mettere i tasti in acciaio e credo che
la chitarra suoni meglio, è più definita, con più brillantezza. I pick up sono
due Suhr V90 (neck e middle) e un mini-humbucker Little ‘59 della Seymour
Duncan al ponte, ma in quella posizione non suono quasi mai: va bene se suoni
Metal anni ‘80.
Le
sellette sono in graffite: quando suoni in studio e usi molto la leva, le corde
‘scricchiolano’ su quelle normali. Con le sellette in graffite ho risolto il
problema.
GUITARS
EXCHANGE: Pedali, effetti e amplificatori?
Ivano Icardi: In questo
momento sono orientato sul digitale: siamo nel 2016, siamo nel futuro, siamo il
futuro. Ormai sono totalmente ‘Kemperizzato’ al 100%: non tornerei mai
indietro. La praticità e la qualità sono impagabili. Ne parlavo con John Cuniberti, mastering engineer di Joe
Satriani: mi diceva che in trent’anni non ha mai sentito lo stesso
amplificatore suonare allo stesso modo da un giorno all’altro! Alla fine anche
un amplificatore è un mezzo di espressione: l’importante è che il suono che
arriva soddisfi chi ascolta e me per primo, ovviamente. Il Kemper ti dà lo
stesso suono che poi darai al pubblico senza doverti più preoccupare di un
microfono messo male davanti al cono della cassa. I suoni li faccio in studio,
tranquillo, con i miei amplificatori profilati.
Pagina web ufficiale di Ivano Icardi: http://www.ivanoicardi.com