Il Diacono del Rock n Roll
Di Paul Rigg
L'americano Steve Hunter (14 giugno 1948) ha
suonato in Detroit di Mitch Ryder, prima di lavorare con Bob Ezrin, Lou Reed, Alice Cooper, Peter Gabriel, Aerosmith, e Tracy Chapman e molti altri. Ha suonato la chitarra in Solsbury Hill di Gabriel e ha scritto e
suonato l'introduzione di Sweet Jane
di Reed su Rock ‘n’ Roll Animal per esempio;
pochi altri hanno contribuito così tanto alla musica rock.
Hunter ha anche pubblicato sette album da solista e ha
partecipato in molti tour su larga scala. Ora vive con la moglie Karen,
cantante/cantautrice, ad Altea, in Spagna, ma è stato felice di prendersi del
tempo per chiacchierare con Guitars Exchange sui suoi momenti
preferiti con le star, sul perché l'album Berlin
di Lou Reed lo fece felice e su ciò che recentemente gli ha fatto vendere quasi
tutta la sua attrezzatura...
GE: Com'è iniziato tutto?
SH: Ho iniziato con un lap steel, ma la prima chitarra che
ho suonato, in realtà non la possedevo; quando ho preso lezioni per la prima
volta ho semplicemente affittato una chitarra per un dollaro. La prima chitarra
che mio padre mi comprò fu un lap steel a doppio manico ma non riesco a
ricordarne la marca, la ordinai da un catalogo, poi comprai una Harmony.
Più tardi mi procurai una SG, penso che fosse una del '64 o '65 - naturalmente a quei tempi non si
trattava di una chitarra ‘vintage’ ma semplicemente 'usata' – che attaccavo
direttamente a un Marshall da 100 watt.
GE: Come e quando ti hanno dato il soprannome di 'The Deacon'?
È una storia divertente, in realtà. Avevo lavorato a diversi
progetti per circa nove mesi con Bob Ezrin e un giorno mi chiamò quando ero a
casa dei miei genitori - non avevo ancora capito dove mi sarei infilato a quel
punto, ero fuori in strada e tornai a casa - e lui mi disse "Ehi, ho un progetto per te…ma ascolta, non
dirmi che hai fatto uso di droghe e alcol in questo periodo e risposi "No,
sono ancora il diacono del Rock n Roll" – lo dissi per scherzo e lui
lo trovò davvero divertente. Da lì, in ogni sessione in studio, iniziò a
chiamarmi sempre 'Il diacono'; poi aggiungeva alcune cose strane, come
chiedermi di benedire nastri e cose del genere [ride]. E il soprannome mi è
rimasto: è con me dalla metà degli anni '70.
GE: Per quanto riguarda Lou Reed, notoriamente aveva un rapporto
piuttosto scontroso con la stampa musicale – che tipo era?
SH: Gli ho voluto un bene dell’anima. Quando ho iniziato a
lavorare con lui nel 1973 era abbastanza tranquillo, ma quando sono stato
chiamato per fare Berlin dal vivo,
intorno al 2004, per non so che motivo lui ed io ci siamo ritrovati molto per
la seconda volta, eravamo più come fratelli, mi sono divertito molto con lui.
Non mi sono reso conto di quanto fosse spiritoso, ovviamente sapevo che era
intelligente, lo si può capire dai suoi testi, ma non mi sono reso conto di
quanto fosse divertente; ci siamo divertiti un sacco insieme.
GE: C'è un momento particolarmente significativo per te?
SH: Era più il rapporto che avevamo. Andavamo in un locale e
facevamo un sound check e io e Lou eravamo sempre i primi sul palco. Avevamo 10
o 15 minuti insieme e parlavamo e la cosa più bella era che a volte uscivano
cose davvero divertenti e a volte cose serie. Ho un sacco di foto con Lou
davanti ad una casa completamente vuota, ridendo e divertendoci; quindi non c’è
stato un momento particolare per me.
GE: Berlin è un album magnifico e tu suoni in molte canzoni, come 'Men
of Good Fortune', 'How Do You Think it Feels' e 'Sad Song'; ricordi che attrezzatura
hai usato per quegli assoli?
SH: È difficile da ricordare perché provavo cose diverse e a
volte non ricordo con cosa mi ritrovavo alla fine. So di aver registrato Sad Song nei Record Plant di New York
City, e quel particolare studio aveva il più sorprendente amplificatore Tweed-twin;
finii per usarlo nell’assolo di Sad Song.
Era un amplificatore con un suono bellissimo; purtroppo esplose, non c'è più.
Per How Do You Think
It Feels penso di aver usato solo una SG e un Marshall. Non avevamo tanta
attrezzatura, a quei tempi non c'erano 14 amplificatori, funzionava più tipo:
portati la chitarra e l’ampli preferito e via!
GE: Pensi che 'Berlin' sia un album deprimente?
SH: Ovviamente non l'abbiamo registrato nella sequenza in
cui è stato scritto. Immagino che lo chiamereste un concept album adesso, anche
se non è così che l'abbiamo pensato quando l’abbiamo fatto, ma racconta una
storia. Bob Ezrin mi chiamò mentre ero a New York alle 10 di sera e mi chiese
se volessi ascoltare l'album in ordine, perché lo stava sequenziando, e io dissi
"mi piacerebbe molto". Così ho iniziato ad ascoltarlo e rimasi
semplicemente a bocca aperta, ho pensato che fosse la cosa più brillante che
avessi mai sentito in vita mia. Posso capire perché possa sembrare deprimente,
ma per me era reale: qualcuno finalmente diceva che la droga non era una buona
cosa, per esempio, e raccontava quello che succede alla vita dei due
protagonisti; ho pensato che fosse fantastico.
Non mi ha mai depresso. Ci sono momenti piuttosto deprimenti
come quando stanno portando via i suoi figli, e ci sono un sacco di momenti
toccanti e strani come quando Caroline si suicida sul letto, ma per me era
brillante. Io e Bob restammo seduti per circa 20 minuti quando fu finito senza
dire una parola. Penso che restammo sorpresi di quanto fosse un lavoro
brillante.
GE: Lo ascolti ancora?
SH: Non di recente. Nel 2004 circa l'abbiamo suonato nel
magazzino di St Ann, che si trova a Brooklyn, e poi abbiamo iniziato il tour,
così l'ho sentito abbastanza! [Ride]. Era assolutamente stupendo, avevamo archi
e un coro, ma ho pensato dopo, "ora lo lascerò riposare per un po' di
tempo".
GE: Come sei arrivato a scrivere la famosa "Intro" di
"Sweet Jane"?
SH: In realtà ho iniziato a scriverla mentre lavoravo con Mitch
Ryder. Vivevo con il chitarrista/tastierista, Brett Tuggle e il bassista Ron
Cooke. Avevamo affittato una casa insieme: in realtà, era una casa estiva
ma era fredda, quindi avevamo sempre il fuoco acceso e io ero seduto di fronte al
camino con una chitarra acustica e iniziai a lavorare su questo pezzo che alla
fine diventò l'introduzione di Sweet Jane.
Non sentii il bisogno di finirlo, l'ho solo tenuto come un piccolo bozzetto. Molti
anni dopo feci un tour con i Chambers
Brothers, avevano bisogno di un piccolo pezzo d’introduzione, così abbiamo
finito per farne una parte come introduzione ad una delle loro canzoni. Ho
aggiunto delle cose e così, quando iniziai a lavorare con Lou, era praticamente
finito: non sapevo cosa farne e fu figo perché alla fine entrò in Sweet Jane. Così ho finito per lavorarci
per tre o quattro anni prima che finisse definitivamente sull'album Rock n Roll Animal
GE: ‘Rock 'Rock 'n' Roll Animal' dal vivo è un album leggendario e la
tua collaborazione con Dick Wagner fu davvero speciale, ti ricordi cosa suonavi
tu e cosa lui? Ti ricordi l'attrezzatura che hai portato in giro per quel tour conLou
Reed?
SH: Dick aveva un debole per le Les Pauls, quindi penso che
lui avesse una Les Paul e io una SG, ma mi fu rubata e così finii per suonare
una Les Paul TV Special del 1959, ed è quella che ho usato per l'album. Stavamo
suonando con gli Hiwatt, erano amplificatori bellissimi, ne ho avuto uno per
circa 10 anni.
GE: Ti ricordi quali canzoni hai suonato su 'Billion Dollar Babies' di Alice Cooper? E che strumenti hai usato
per quell'album?
SH: No! Ma se guardi il mio sito web, Karen ha fatto un
ottimo lavoro per elencarli tutti. Penso di aver suonato sei assoli, sei brani,
penso che Generation Landslide fosse
uno, ma non riesco a ricordare gli altri.
GE: Puoi dirci qualcosa sulla registrazione di 'Welcome To My
Nightmare' e su come ti sei trovato con Alice Cooper?
SH: Fu uno sballo assoluto, te lo dico io. C'è qualcosa di
speciale nel lavorare con Alice, visto che è un tipo così spiritoso e ci siamo
divertiti tantissimo a registrare quell'album. Non fraintendetemi, quando si
accende la luce rossa (quella della registrazione) abbiamo fatto un lavoro
serio, ma prima e dopo ci siamo divertiti a fare stupidate, sai, e penso che
questo si noti in come suona l'album perché è molto morbido, ma anche duro allo
stesso tempo. Quando rilassi la mente finisci per trovare cose molto più
creative. C'era un meraviglioso cameratismo tra tutti noi, Bob, Alice, gli
ingegneri, tutti noi, e penso che abbia finito per rendere quell'album molto
speciale.
E ancora una volta, quando abbiamo fatto il tour, è stato
uno sballo suonare quelle canzoni sul palco, non avevo mai fatto un tour
mondiale su quella scala, ed è stato semplicemente favoloso.
GE: Cosa ne pensi del materiale di Alice Cooper con gli Hollywood
Vampires?
SH: Non l'ho ancora ascoltato, ad essere sincero.
GE: Tu e Dick Wagner avete suonato nella versione degli Aerosmith di
'Train Kept A-Rollin', te la ricordi?
SH: Fu una sessione davvero bizzarra. Ero seduto nell'atrio
del Record Plant, con una sigaretta, e Jack Douglas tirò fuori la testa dallo
Studio C e mi ha chiese se volessi entrare a suonare e ovviamente gli dissi di
sì! Entrai nello studio, mi collegai all’ampli, suonai un paio di assoli e basta
- era tutto, fu piuttosto veloce. Mi disse di suonare sul pezzo, ma purtroppo
non avevo la voce in cuffia, così l'abbiamo fatto di nuovo, inserirono la voce,
e allora suonai intorno alla voce.
GE: Solsbury Hill di Peter Gabriel è un'altra delle grandi canzoni che
hai suonato, ti ricordi l'acustica che hai suonato quel giorno?
SH: Credo fosse una Martin D28. Un gran tipo di nome Jim Frank aveva una Martin dal suono meraviglioso;
abbiamo registrato tre piste e usato il VSO [oscillatore a velocità variabile -
un effetto di chorus]. Così abbiamo rallentato un po' su una pista e l'abbiamo
accelerato su un’altra, e quando abbiamo messo insieme i tre è successa una
cosa bellissima.
GE: Sei salito sulla collina di Solsbury con Peter Gabriel?
SH: No, non mi ha nemmeno detto dove diavolo sia! Vorrei
andare a vederla…
GE: Si trova vicino ai Real World Studios a Bath...
SH: Il pezzo fu registrato a Toronto, prima che avesse gli
studi Real World. È un grande cantautore e questa è una delle canzoni più
perfette che siano mai state scritte, credo.
GE: Passando alle chitarre, se la tua casa bruciasse e tu potessi
prenderne solo una, quale prenderesti?
SH: Dovrei prenderne due! Ho una bella Gretsch Black Falcon
e la Strat, la Jeff Beck Signature, che è la mia chitarra da lavoro, la amo; la
uso sempre. La prima si chiama Blacky mentre la seconda Betty.
GE: Che altro porteresti con te?
SH: Beh, l'unica cosa vintage che ho è un vecchio MXR Dyna
Comp rosso di cui sono assolutamente innamorato. Ovunque vado porto con me quel
pedale lì perché so esattamente cosa farà quando lo collego; è il miglior
compressore che abbia mai avuto.
GE: Hai venduto un bel po' della tua attrezzatura; come hai deciso cosa
vendere e cosa tenere?
SH: È stato facile, ho appena venduto quasi tutto! Karen ed
io avevamo deciso di trasferirci in Spagna per una serie di ragioni: i suoi
genitori vivono lì da anni ed era troppo difficile fare avanti e indietro con i
voli, così siamo venuti qui per circa 10 giorni e mi sono innamorato del posto
e non volevo andarmene. Quindi, quando siamo tornati, abbiamo dovuto trovare un
modo per venire qui. Così ho venduto un sacco di roba; avevo 30 chitarre e ora
ne ho otto, ho avuto un Marshall e un paio di altre cose; ho finito per vendere
quasi tutta l’attrezzatura che possedevo. Ho venduto circa 60 pedali ma ho
mantenuto i miei preferiti - uno Strymon TimeLine e un Peaktronics Evolution
II. Avevamo bisogno di raccogliere molti soldi per poterci permettere di
trasferirci qui; abbiamo deciso di ricominciare da capo.
GE: Qual è stato il tuo momento più felice?
SH: È un po' dura, perché ci sono stati molti momenti. La
prima cosa che mi viene in mente è quando stavo suonando con Alice nel tour Welcome To My Nightmare al Madison
Square Garden con un tutto esaurito in quattro ore o qualcosa del genere; è
stato un periodo meraviglioso. Un altro fu suonare con Lou Reed al Ryman
Theatre di Nashville, dove si trovava il Grand Old Opry, un palco pieno di
storia; abbiamo fatto il tutto esaurito ed è stato uno spettacolo meraviglioso
quella sera. La risposta del pubblico di Nashville fu incredibile. Un altro fu
quando abbiamo suonato con Lou Reed alla Royal Albert Hall, uno dei miei
spettacoli preferiti.
L'ultima a cui riesco a pensare è quando ho suonato con
Tracy Chapman e Pavarotti. Quella fu la notte più bella e intensa di sempre;
ero in piedi di fronte ad un'orchestra di 80 elementi e dai miei monitor usciva
la voce di Pavarotti e ho pensato "oh mio Dio, questo è ridicolo!”
GE: Sappiamo che la salute ti ha lanciato diverse sfide; questo
influisce sui tuoi piani per il futuro?
SH: Il vero problema è il mio Glaucoma, l'ho avuto per circa
30 anni e mi sta facendo diventare cieco. Uso molto lo zoom sul computer e
questo significa che sono in grado di lavorare, ed è tutto ciò che mi
interessa. Non vado in tour perché quando sono sul palco è difficile suonare a
causa delle luci e di tutto questo genere di cose, posso sbagliare i tasti alla
chitarra se non sto attento, quindi non è così divertente per me, ma ho ancora
un sacco di registrazioni da fare. Ho un Pro-Tool qui e passo un sacco di tempo
a registrare e a giocare con le cose.
L'intervista si chiude e da Guitars Exchange ringraziamo
Steve per il suo tempo e - poiché sappiamo che i nostri lettori vorrebbero
saperne di più su di lui – lo invitiamo insieme a sua moglie la prossima volta
che passerà da Madrid. Steve risponde entusiasta: “Fantastico, invito accettato con molto piacere”.