L'aquila spicca il volo (ancora una volta)
Di Paul Rigg
Don Felder (21
settembre 1947) è una leggenda americana della chitarra, membro fondamentale
degli Eagles, con cui suonò per
oltre un quarto di secolo. Tra i suoi enormi contributi alla band, fu coautore
del gigantesco successo internazionale Hotel
California (la musica fu composta da lui).
Felder ha anche suonato e girato in tour con Crosby e Nash, tra molti altri, e nel 2008 ha pubblicato un'autobiografia
-acclamata dalla critica- Heaven and
Hell: My Life in the Eagles (1974-2001).
Oltre ai suoi album in studio con gli Eagles, Felder ha
pubblicato tre album da solista, incluso il suo ultimo American Rock 'n' Roll (uscito il 5 aprile 2019).
Guitars Exchange raggiunge Felder al telefono mentre si trova
nella sua casa di Los Angeles. È impegnato a preparare le valigie per andare in
tour e sta facendo interviste con la stampa per promuovere il disco mentre
prova le sue nuove canzoni. "Una
cosa è scrivere i testi e averli su un leggio mentre li canti, un'altra
cosa è cantarli mentre suoni nuove parti di chitarra in uno spettacolo dal vivo",
dice. Tuttavia, nonostante lo stress e molti problemi con la qualità del suono
della chiamata durante la conversazione, Don è sempre paziente, educato e
premuroso nelle sue risposte; riesce infatti a trasformare un'esperienza
difficile in una delle migliori interviste che questa web abbia mai fatto. Qui,
Felder ricorda i suoi primi giorni, quando imparò a suonare lo slide da Duane Allman,
fino all’emozione di registrare il suo ultimo album.
GE: Di recente hai pubblicato il singolo del tuo album, "American
Rock 'n' Roll" ... puoi raccontarci l'ispirazione che c'è dietro?
DF: Sì, stavo pensando all’esperienza di essere stato a Woodstock nel 1969 - non esibendomi ma
solo come spettatore - e vedere Jimi Hendrix, Carlos Santana, Janis Joplin, Crosby, Stills, Nash & Young, e tutte quelle persone
che erano lì, vivendo quell'incredibile momento. Non solo per me stesso; penso
sia stata la più grande esplosione nucleare di rock che si sia mai ascoltata in
tutto il mondo! Sono stato fortemente influenzato da quell’esperienza e anche
dal fatto che nel corso dei decenni molte persone, ormai diventate artisti di
successo, sono state influenzate da quel panorama del rock'n'roll americano.
Quindi ho pensato che sarebbe stato bello scrivere una canzone su
quell'evoluzione e invece di scrivere e registrare il pezzo, ho pensato che
avrei dovuto avere un po' di quell'influenza musicale in questo disco. Così ho
chiesto a Mick Fleetwood dei Fleetwood Mac di suonare la batteria -
abbiamo suonato insieme negli anni '70, giocato a golf insieme
e fatto progetti di beneficenza fino a diventare amici - perché sapevo che
aveva il suono perfetto dal punto di vista della batteria, per iniziare quest’avventura
con un 'feeling' anni '70. Più tardi, a metà del percorso più o meno, Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers si è unito a noi, e improvvisamente sembrava
che un gorilla di 250 chili si fosse messo a suonare la batteria: la potenza,
la forza e l'energia con cui Chad suonava hanno portato il pezzo a un altro
livello.
Se guardi indietro e ripensi alla musica dei primi anni '70,
e più tardi negli anni '80 e '90, quella crescita del rock 'n' roll
musicalmente era in parte dovuta alla batteria, quindi è stata una grande
combinazione avere Mick e Chad nello stesso pezzo. Poi scrissi quel verso
sui Guns n’ Roses menzionando Axl Rose e, visto che Slash vive
proprio nella mia stessa strada, ho pensato che sarebbe stato bello se avesse
potuto suonare nel bel mezzo di quel verso, quindi l'ho chiamato ed è venuto
nel mio studio con la sua chitarra e, improvvisamente, ho avuto un tono nuovo e
diverso. Tutto l'insieme è accaduto in un modo molto organico e questo dimostra
la crescita del Rock 'n' Roll da Woodstock ai tempi attuali.
GE: C'è una canzone che ha dietro una storia speciale?
DF: Sì, c'è una canzone che ho chiesto a Peter Frampton di suonare con me, è una ballata sul disamore, intitolata The
Way Things Have To Be. Ho scritto la canzone al piano, cosa strana per me.
Chiesi a Peter di suonarci su quasi due anni fa - perché ha un certo tono, bellissimo, quasi magico -, e ha detto "certo!". In seguito annunciò
che il suo prossimo tour sarebbe stato l'ultimo, a causa dei suoi problemi
fisici, e quando l'ho sentito, ho pensato che il titolo del pezzo fosse ironico
e appropriato, per ciò che stava vivendo in quel momento. È una storia triste,
ma è probabilmente il titolo più azzeccato del disco.
GE: Ci sono altri brani dell'album che hanno un senso particolare per
te?
DF: Sì, mi piace la canzone Rock You, che probabilmente è il pezzo con cui inizieremo quando
suoneremo negli stadi più grandi quest’estate. Poi c'è una canzone chiamata Falling in Love Again che ha un assolo
di chitarra davvero bello alla fine. [In relazione a quella canzone] ho
lavorato con un maestro liutaio della Fender Custom Shop perché mi
costruisse una chitarra con tre suoni diversi: una Strat con un humbucker al ponte, che può suonare come single coil o come humbucker, nella
posizione intermedia c'è un pickup DiMarzio che è in grado di uscire da un
altro output direttamente in un DI, in modo da avere un suono acustico - così
posso suonare acustico, come una Les Paul o una Strat. Poi, nella posizione del
pickup del manico, c’è un sustain; ci sono un paio di momenti in cui suonerò
una sorta di lungo sustain nell'assolo. In effetti, stiamo costruendo una
chitarra in modo da poter suonare quella canzone dal vivo! [Ride]
GE: Hai qualche altro aneddoto speciale sul tuo nuovo album che
vorresti condividere con noi?
DF: Sì, una cosa interessante, che non è stata notata, è il
lavoro di Bernie Taupin in
copertina. Un mio amico ha aperto un nuovo hotel l'anno scorso a Nashville
e mi aveva invitato all'inaugurazione e Bernie esponeva le sue opere nella
hall dell'hotel; ci conosciamo dagli anni '70 quando con gli Eagles suonammo
con Elton John allo stadio di
Wembley, quindi è stato bello rivedersi. Mi sono sempre piaciute le sue opere,
quindi quando più tardi stavamo lavorando su American Rock 'n' Roll me sono ricordato di una che aveva
una Stratocaster con una bandiera americana avvolta intorno e gli chiesi se avessi potuto usare l’idea per la copertina dell'album e ne fu felice. Quindi
nel disco c’è un altro contributo non in forma di musica ma di opera
d'arte.
GE: Potresti descriverci il tuo processo creativo?
DF: Sì, passo molto tempo a cantare nel mio iPhone. Non
posso farlo in autostrada perché mi fermerebbe la polizia, ma anche quando sono
seduto e sto guardando un film, registro qualcosa, poi prendo la mia chitarra
acustica e cerco di tirare fuori una progressione di accordi. Quando trovo il tempo vado
nel mio studio, collego il mio iPhone a un piccolo amplificatore, ci aggiungo
il basso, un po’ di chitarra e creo una bozza, molto simile a ciò che feci per
Hotel California. Ho imparato anni fa
a buttare giù ciò che mi veniva, a registrare su un piccolo registratore
digitale o su un iPhone; altrimenti sparisce, è come un sogno, è necessario
catturarlo quando è ancora fresco. Colleziono costantemente parti di chitarra,
testi e quant'altro, finché non avrò abbastanza tempo per andare in studio e
trasformarli in qualcosa.
GE: Tornando alla tua infanzia ora, la tua prima chitarra arrivò quando avevi 10
anni: ricordi di che marca era?
DF: Non ne ho idea; tutto quello che ricordo è che aveva una
spaccatura nella parte anteriore e mancavano alcune corde. A quel tempo restituivo vecchie bottiglie di Coca-Cola, prendendo due centesimi a bottiglia, e
quando avevo abbastanza soldi andavo al negozio e compravo delle corde Black
Diamond. Non potevo permettermi di comprare un set intero, quindi compravo una
corda a settimana [ride]. Una volta comprate tutte le corde, chiesi
a un ragazzo che viveva dietro casa mia di accordarmi la chitarra. Lo fece e
poi mi mostrò alcuni accordi da suonare e una canzone molto semplice intitolata Red River Valley.
Uscivo da scuola, in Florida, verso le due o le tre e
tornavo a casa a piedi, perché entrambi i miei genitori lavoravano, mi sedevo
in veranda cercando di capire come suonare, perché non avevamo abbastanza soldi
per permetterci una scuola di musica o lezioni private. Registravo musica su vecchi
registratori per poter poi ascoltarla più lentamente, in modo da sentire più
facilmente le note che venivano suonate. Erano un'ottava sotto, ma ci potevo
lavorare su, per poi iniziare a esercitarmi suonando insieme al disco.
Poi mio padre mi comprò una chitarra acustica
Silvertone Archtop, per corrispondenza, senza cutaway, con fori a forma di F,
ma volevo suonare rock 'n' roll, quindi iniziai a risparmiare per metterci su
un pickup De Armond. Invece di comprare un amplificatore, collegavo la chitarra
alla nostra TV in bianco e nero, dato che aveva un’entrata jack
nella parte posteriore... Il sabato mattina mi sedevo a guardare i cartoni
animati senza suono, per suonarci sopra la chitarra; stavo scrivendo la mia prima colonna sonora! [Ride]
Questa è stata la mia prima vera chitarra. Dopodiché mio
padre trovò una Duo-Sonic usata con un piccolo amplificatore Tweed Champ: fu il
regalo più bello che abbia mai avuto nella mia vita. Era una chitarra elettrica
dal corpo solido. L'amplificatore non era rumoroso, il che era un bene perché i
nostri vicini erano così vicini che si sarebbero lamentati per tutto il
tempo se avessi avuto un amplificatore più grande!
Ho un paio di Champs ora e ne usai uno per registrare Victim of Love degli Eagles; tutti
pensano fosse un Marshall, ma era solo un vecchio Tweed 57 Champ. Ora ho
alcuni amplificatori che sono stati modificati da Alexander Dumble, lui fa cose magiche. Ho un amplificatore Fender
Dumble, ad esempio, che ho chiamato “Little Tiger”.
GE: Alcuni anni dopo, Duane Allman ti insegnò a suonare lo slide! Com’è
successo?
DF: Siamo cresciuti insieme. Sua madre viveva a Daytona Beach
e venivano sempre a Gainesville per le feste durante il fine settimana e la
mia band, e più tardi quella di Tom Petty, suonavano a quelle
feste. Durante l'estate, quando le università erano chiuse, andavamo a Daytona
e suonavamo nei locali. C’era sempre una band che suonava sul molo, Allman Brothers inclusi, e così siamo
diventati amici. Ci vedevamo tutti verso l'una del mattino e andavamo in un
ristorante, Greg, Duane, Bernie Leadon ed io, per fare colazione
alle due del mattino, poi andavamo a schiantarci sul divano a casa di sua madre.
Una sera eravamo seduti lì e Duane stava suonando lo
slide e gli dissi: 'devi mostrarmi come
farlo, come si suona questa cosa?', Quindi mi mostrò come fare su un
normale accordo in re maggiore…usava una boccetta di Coricidin [una medicina]
sul suo dito – prima ancora che esistessero gli slide di oggi - e m'insegnò
come scendere al quinto tasto e poi al terzo, andando un po' piatto sul
terzo, quindi non è come un terzo vero e proprio, ma più un tono blues; e come passare
da un quinto a un settimo allo stesso tempo; mi mostrò le basi. Non ho mai
provato a copiarlo; era oltre ogni cosa che io potessi fare. Non c'era
nulla sui suoi dischi che potessi ascoltare e imparare a fare; così ho
sviluppato il mio stile basandomi sulle sue fondamenta.
Abbiamo sempre partecipato insieme al "Battle of the
Bands", quando la Allman Brothers Band si chiamava The Spotlights o Allman Joys,
o qualcosa del genere, e vincevano ogni battaglia; erano di gran lunga la più
grande band che venne fuori da quelle parti. Ho sempre avuto il massimo
rispetto per Duane, Greg e per tutta la band.
GE: Più tardi ti sei unito a Crosby e Nash; com’è successo?
DF: È successo in un modo davvero strano dato che ingaggiarono
David Lindley, che è un musicista
geniale, e io stavo suonando con un ragazzo chiamato David Blue come band di supporto - Nash aveva prodotto il
disco di David Blue e voleva Blue nello show per contribuire a promuoverlo. Arrivati
a Washington DC David Lindley si ammalò
e così Graham mi disse "Don, mi
piacerebbe che andassi a prendere la tua chitarra e venissi nella mia stanza."
Risposi "ok!", presi
un'acustica e andai nella sua stanza, ci sedemmo e provammo tutte le canzoni, e
poi disse: "stasera suonerai nello
show!", così suonai nello spettacolo di David Blue e poi tornai a
suonare con Crosby nello spettacolo di Nash; David Lindley era davvero ammalato e
dovette tornare a casa, così finii il resto del tour. Mi aspettavo che David
tornasse, ma decisero che avere un solo chitarrista e una sola camera
d'albergo da pagare invece di due, fosse meglio. Fui molto felice di stare con
loro dato che mi pagarono 1.500 dollari a settimana che nel 1973 erano un sacco
di soldi; l'equivalente a cinque o 6.000 dollari a settimana oggi.
Poi ricevetti una chiamata per suonare lo slide su Good Day in Hell con gli Eagles e il
giorno seguente mi chiesero di unirmi a loro. Andai da Graham a chiedergli cosa
dovessi fare, perché mia moglie era incinta del nostro primo figlio e 1.500
dollari erano un sacco di soldi; potevo mantenere una famiglia con qui soldi. Graham
mi disse: "Devi andare e unirti a
quella band, non puoi essere un turnista per il resto della tua vita; sarà una
grande mossa per la tua carriera”. Così seguii il consiglio di Graham e
lasciai Crosby e Nash.
GE: Qual è stata la differenza principale tra suonare con Crosby e Nash
e gli Eagles?
DF: Entrambi i gruppi avevano una voce impeccabile e c'era
molta tensione tra Crosby e Nash così come negli Eagles, quindi sono
passato da una band turbolenta all'altra; ma negli Eagles ero il quinto membro
del gruppo mentre con Crosby e Nash ero solo un turnista.
GE: Come descriveresti la tua relazione con Graham Nash?
DF: Graham Nash ed io siamo amici più o meno dal '73 e le
nostre strade si sono incrociate numerose volte. In realtà l'ho conosciuto
quando ero al liceo perché The Hollies
suonarono all'università della Florida e andai a vederlo cantare - adoravo la
sua voce, anche ai tempi degli Hollies.
GE: Pensi che la tensione tra Crosby, Stills e Nash e quella negli Eagles sia stato un elemento necessario per la creatività del gruppo?
DF: Penso che ogni volta che unisci grandi personalità – e ognuna
di loro poteva essere, e lo è stata, la leader -, mettendo insieme persone con così tanto talento, ci saranno disaccordi, conflitti, differenze
di opinione, ad esempio, sulle canzoni da registrare - ma il risultato di aver
superato tutto ciò con gli Eagles, penso abbia prodotto alcune delle migliori
registrazioni che abbiamo mai fatto nelle nostre vite.
GE: Tua moglie ha detto di avere la demo originale di "Hotel
California" sul suo iPod...esiste la possibilità che un pezzo di storia così
venga reso pubblico un giorno?
DF: Sì, penso di sì, perché molte persone mi hanno chiesto
di farlo. La canzone è in Mi minore, che era la chiave originale in cui l'ho
scritta, una chiave di chitarra molto più bella del Si minore. Ma era
troppo alta da cantare per Don Henley,
quindi abbiamo dovuto abbassarlo a Re minore - ancora troppo alto; Do minore -
troppo alto; La minore - troppo basso; e così siamo rimasti con il Si minore. È
per questo che, se guardi quando la suono, c'è sempre un capotasto sul settimo
tasto, che la mette in un accordo di Mi minore, che non è la chiave tipica per un assolo, ad esempio. La mia demo originale fu cambiata in quell'altra
chiave. Non penso che uscirà presto, ma penso che verrà resa pubblica dopo la mia
morte.
GE: Il tuo duetto con Joe Walsh in
"Hotel California" è considerato da molti uno dei migliori duetti di
chitarra di sempre. C'è qualche altro chitarrista con cui vorresti suonare
quell'assolo?
DF: Beh, l’ho suonato con Peter Frampton e fu molto divertente. Amo Peter, amo il suo tono e
il suo stile, suona sempre con un grande sorriso sul suo viso, che è ancora più
stimolante. Orianthi l’ha
interpretato con me – ha suonato anche in questo nuovo disco, con Richie Sambora, nella canzone
intitolata Limelight. Circa un mese
fa l'abbiamo fatto per una raccolta di fondi di beneficenza e Billy Gibbons, Orianthi, Stephen Stills e un sacco di altre
persone l’hanno suonato con me ed è stato semplicemente fantastico. Ma in
effetti non è la stessa cosa quando io e Joe la suoniamo insieme.
GE: Glenn Frey è morto il 18 gennaio 2016...c'è qualcosa che non gli
hai mai detto e che avresti voluto?
DF: Ho fatto un commento quando è successo e mi piacerebbe
chiuderla lì. Quello è ciò che volevo dire e l'ho detto; quindi 'no comment'.
[*La dichiarazione di Felder è riportata in versione integrale alla fine
di questa intervista].
GE: Passando alle domande sulle chitarre…se la tua casa andasse in
fiamme, quale chitarra vorresti salvare?
DF: La mia Les Paul del ‘59.
GE: Una volta hai detto che "la magia della chitarra è nelle dita
del chitarrista"...quindi non esiste nulla di "magico" nella Les
Paul del ‘59?
DF: No, ma c'è qualcosa di magico che viene fuori da me
quando la suono. Ho quella chitarra dal '73 o '74, credo. So tutto su di lei
ed è sensibile al mio tocco. È stato l'amore della mia vita e andiamo
incredibilmente d'accordo; è come coccolare qualcuno che conosco da 40 anni.
GE: E se dovessi salvare una chitarra acustica della tua collezione
mentre lasci la tua casa in fiamme, quale sarebbe?
DF: Ho una Martin D35 del '64 o del '65. Quando lavoravo in
un negozio di musica a Gainesville, vendevamo un sacco di Martin, e così ogni
settimana ricevevamo una spedizione di chitarre acustiche dalla Martin e le
suonavo tutte nel mio tempo libero e mettevo da parte la migliore. Vendevo le
altre fino a quando non arrivava la seguente spedizione; quindi, ancora
una volta, sceglievo la migliore e vendevo quelle della spedizione precedente.
Dopo circa sei mesi così, arrivò questa D35 e fu semplicemente spettacolare: il
suo tono, il suono, la risonanza, semplicemente geniale. È
praticamente presente in tutti i dischi degli Eagles dove c'è l'acustica, fino al
giorno in cui ho lasciato la band. Era il miglior suono acustico fra quelli di noi tutti.
GE: Che piani hai per il 2019?
DF: Sto facendo un lungo tour per promuovere questo disco.
Quando sono a casa, nei miei giorni di riposo, vado nel mio studio e inizio a
registrare, mentre cerco consapevolmente di concentrarmi su un altro disco da
fare nei prossimi due o tre anni. Lo faccio invece di prendermi del tempo
libero; non so neanche più cosa sia perdere tempo, a dirti la verità! [Ride]
Guitars Exchange chiude l'intervista ringraziando Don per il
suo tempo e scusandoci per la scarsa
qualità del suono della chiamata e Don risponde "Apprezzo il vostro tempo per farmi quest’intervista. Avrei voluto una
connessione migliore; forse la prossima volta, con un’altra linea, con le
cuffie e un bel microfono, in modo che possiamo effettivamente ascoltarci e
migliorare la situazione." Ma in realtà con l'enorme gentilezza, la
chiarezza e la generosità di spirito di Don Felder, l'intervista non sarebbe
potuta andare meglio; speriamo che voi tutti siate d'accordo.
https://www.donfelder.com/tour-dates
Dichiarazione di Don Felder sulla morte di Glenn Frey:
"La morte di Glenn è stata così inaspettata e mi ha
lasciato con il cuore molto pesante e pieno di dolore. Era così giovane e
ancora pieno di incredibile genialità. Era un cantautore, arrangiatore, leader,
cantante, chitarrista di grande talento e Glenn poteva fare e creare
"MAGIA" sul momento. Le sue visioni e intuizioni su canzoni e testi
sono diventate leggendarie e risuoneranno nel tempo su questa terra per i
decenni a venire.
Fu Glenn a invitarmi ad unirmi agli Eagles nel 1974, e si è
rivelato essere il regalo di una vita per aver trascorso così tanti anni
lavorando fianco a fianco con lui. Era divertente, forte e generoso. A volte,
sembrava di essere fratelli e altre volte, come fratelli, non eravamo
d'accordo. Nonostante le nostre difficoltà e i momenti difficili insieme, siamo
riusciti a creare alcune canzoni magiche, registrazioni e spettacoli dal vivo.
Il suo carisma sul palco è stato sentito e amato da milioni di persone in tutto
il mondo. Ho molti ricordi meravigliosi di quegli anni e le molte miglia che ho
percorso con Glenn, piene di risate, canzoni, feste, abbracci e legami
fraterni.
Glenn era il James Dean della band. Era il leader che tutti
noi cercavamo per la regia e di gran lunga il più figo della band. Mi rattrista
moltissimo che non siamo stati in grado di affrontare i problemi che sono nati
tra di noi e parlarne. Purtroppo, ora non ne avremo più la possibilità. Oggi il
pianeta ha perso un grande uomo e un musicista meraviglioso. Nessuno sarà mai
in grado di prendere il suo posto. Possa tu riposare in pace, Glenn Frey, e che
Dio benedica te e la tua adorabile famiglia."