Un grande tributo

Di Sergio Ariza

Lenny Kravitz è un po' camaleontico, ma non alla David Bowie, piuttosto per come gli piace confondersi con ciò che gli piace. Se in un primo momento voleva essere Prince, facendosi chiamare Romeo Blu e vestendosi come l'autore di Purple Rain, per il suo album di debutto si trasformò nel Lennon della Plastic Ono Band e per il suo secondo volle essere una rock star alla Hendrix. Lennon era ancora nell'equazione e ora anche altre influenze soul e funk come Curtis Mayfield e Sly Stone. Mama Said è stato il miglior disco della sua carriera e, anche se è lontano dall'essere un classico al livello della musica che lo ispira, è un buon tributo a quella musica.      

Per quest’album, ancora una volta, volle farsi carico della maggior parte degli strumenti, chitarre, basso, tastiere e batteria sono quasi tutti suoi, anche se i momenti migliori alle 6 corde arrivano con uno Slash incommensurabile in Always On The Run per cui realizzò il riff magistrale e un assolo esplosivo, e Fields Of Joy. La storia dietro la partecipazione del chitarrista più famoso del momento in un album di Kravitz, che non era ancora una star, è piuttosto curiosa. Il chitarrista dei Guns N' Roses aveva fatto commenti lodevoli sul suo debutto, in particolare, aveva detto che Let Love Rule era il suo album preferito per fare l'amore con la sua ragazza. Dopo averlo saputo, Kravitz lo invitò in studio e quando questi accettò e si videro, si resero conto che avessero frequentato lo stesso istituto a Los Angeles. Slash portò la sua Gibson Les Paul Standard del ‘59 in studio per registrare l'assolo di Fields Of Joy ma, tra un colpo e l'altro, iniziò a giocherellare con un riff che aveva in testa ma che non lo convinceva per la sua band. Kravitz non esitò un attimo e trasformò quel riff funky in una delle migliori canzoni della sua carriera, Always On The Run. Quel duello di Les Paul fu il momento in cui divenne una star.
   

   

Oltre alla presenza stellare di Slash, Mama Said ha anche altri buoni momenti: il migliore di tutti è il pezzo soul It Ain't Over 'til It's Over cantata in falsetto, ma anche altre cose come Stop Draggin' Around, la prova che anche a Kravitz venivano bene i riffs con la sua Les Paul Goldtop del ‘54, una chitarra che ha suonato in tutti i suoi album successivi. Alla fine l'album perde un po’ il ritmo ma continua a suonare bene in ogni momento, con Kravitz impegnato ad affascinare con un sound retrò e analogico, dando come risultato un disco con un suono più tipico del 1972 che del 1991. Naturalmente, per gli ammiratori di Lennon e Curtis Mayfield, nel bel mezzo di un doloroso processo di separazione, i suoi testi sono assolutamente banali.
   

 

Mama Said
fu un bel disco e il migliore della sua carriera insieme a Let Love Rule e Are You Gonna Go My Way ma, alla fine, non fu capace di ripetere il promettente inizio della sua carriera e la parodia gettò ombra sul musicista. Come nell'episodio dei Simpson in cui appare nel campus dei Rolling Stones come responsabile della scelta dei costumi per gli aspiranti rock star, Lenny Kravitz è diventato la caricatura di se stesso, più interessato a cosa indossare che a scrivere grandi riff. Cercò di modernizzare il suo sound per rimuovere l'etichetta retrò, ma con il vecchio sound abbandonò anche le buone canzoni e il suo ritorno non è mai arrivato. Mama Said fu l'apice della sua carriera e non per la sua somiglianza con il rock classico o per il suo impegno per l'analogico. Ma perché nel 1991 Kravitz scriveva ancora canzoni come Always On The Run, It Ain't Over 'til It's Over o Fields Of Joy.
   

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