Mega-Vedder

Di Paul Rigg

I Pearl Jam hanno pubblicato il loro undicesimo album, Gigaton, il 27 marzo 2020 (Monkeywrench /Republic Records), e questa volta si potrebbe dire che la perla che è Eddie Vedder torna a brillare come una volta.  

Con Kurt Cobain dei Nirvana, Chris Cornell dei Soundgarden, Andrew Wood dei Mother Love Bone e Layne Staley degli Alice in Chains tutti scomparsi, Vedder occupa un posto particolarmente mitico tra tutti i fan del grunge anni '80/’90.
 

 

E quando quest’album prende il via con Who Ever Said e il caratteristico cantante solista inizia a volare, è difficile non credere che siano tornati i giorni inebrianti dell’ormai classico Ten (uscito nel 1991). "Chi abbia detto ‘È stato detto tutto’ ha rinunciato alla soddisfazione" canta Vedder in questo pezzo divertente e carico di ganci. Il brano dà all'album un inizio da brivido, e ci si sente subito come se la relativa delusione del Lightning Bolt del 2013 sia lontana anni luce.
  

Al brano d'apertura segue senza intoppi un altro pezzo rock, Superblood Wolfmoon, che è stato pubblicato come secondo singolo un mese prima del lancio dell'album. Qui la voce soul di Vedder si impone ancora una volta, mentre la leggenda della chitarra Mike McCready, mette in scena un riff melodico come solo lui sa fare. McCready possiede e suona così tante chitarre che è difficile stabilire esattamente quali siano le chitarre che stia usando, ma è noto che tra le sue preferite ci sono una Fender Stratocaster, una Gibson Les Paul TV Model e una Gibson Les Paul Standard, tutte del 1959.
 

  

In quest’album le due leggende del rock sono affiancate dal bassista Jeff Ament, dal chitarrista Stone Gossard e dal batterista Matt Cameron. Una differenza fondamentale è che il loro abituale produttore, Brendan O'Brien, è stato (temporaneamente?) sostituito da Josh Evans, che se la cava niente male.
  

Il brano successivo, il singolo principale, Dance Of The Clairvoyants, è stato criticato per essere troppo diverso dal loro suono familiare, in quanto mescola sintetizzatori in stile Talking Heads. Vedder ricorda persino i Mr Big Suit a volte con la sua ginnastica vocale, ma non c'è bisogno di essere un fan degli Heads per capire che questo brano è un altro gioiello.
  

L'eccezionale Quick Escape è un altro esempio di buon rock che si sviluppa fino a sfociare in un bruciante assolo di chitarra, mentre Vedder canta: "Attraversato il confine con il Marocco, Kashmir a Marrakech, le distanze che abbiamo dovuto percorrere allora, per trovare un posto in cui Trump non avesse ancora fatto cazzate" - in uno dei tanti riferimenti pungenti all'attuale Presidente degli Stati Uniti.
 

 

Seven O'Clock
piace meno a chi scrive questa recensione, ma è stato accolto molto bene. Seguono alcuni brani modesti, ma l'album sale di nuovo di livello con Comes Then Goes, con la fluida voce di Vedder accompagnata da qualche bella strimpellata acustica. L'atmosfera acustica continua con la dolce Retrograde e l'album si chiude con i quasi sei minuti di Rivers Cross, con ancor più mordente politico dei Pearl Jam, con frasi tipo "il governo guida tutto il malcontento".
  

Gigaton
rappresenta un ritorno della band di Seattle in forma esilarante e molto gradito e, pur non essendo allo stesso livello di Ten, la sua diversità, la sua rabbia e le sue melodie accattivanti meritano un confronto. È Eddie Vedder, comunque, che porta l'intero spettacolo a un'altra sfera, e come ha detto un critico "rimane la loro luce guida; [la sua è] la voce che permette a questa particolare band di sopravvivere a un'intera generazione...".
  

Photogallery

©DannyClinch