Un disco imprescindibile
Di Tom MacIntosh
Nei primi anni '70, il ‘flower power’ degli anni '60 stava
svanendo e una delle sue band più popolari, la Jimi Hendrix Experience, si era appena sciolta. Hendrix rimase senza gruppo, ma ciò
non fermò il dio del rock neanche un po’, decise di mantenere le cose semplici
e chiamò il suo vecchio commilitone Billy
Cox a suonare il basso e al batterista degli Electric Flag, Buddy Miles,
a suonare la batteria. Si fecero chiamare Band
of Gypsys e si esibirono durante quattro notti leggendarie nell'auditorium
Fillmore East di New York. Il promotore Bill
Graham fissò le date del 31 dicembre del ‘69 e 1, 3 e 4 gennaio del 1970. I
primi due spettacoli lasciarono Graham un po' sgomento e disse a Hendrix:
"Sei Jimi Hendrix, tutto ciò che fai
diventa Vangelo a causa di chi sei. Nel primo concerto hai suonato la chitarra
sotto le gambe, con i denti, dietro la schiena. Ma ti sei dimenticato di
suonare”. Jimi ricevette il messaggio forte e chiaro e i seguenti due
concerti divennero, come molti dicono, uno dei migliori spettacoli dal vivo
della storia del rock.
In effetti, la maggior parte delle canzoni di quest’album
live viene proprio dagli ultimi due giorni. L'affascinante voce di Buddy Miles
fu il nuovo ingrediente che rese il materiale ancor più potente e a tratti
struggente, come nella canzone di apertura, Who
Knows, che inizia con Hendrix alla voce, poi affiancato da Miles con il suo
falsetto improvvisato che innalza il pezzo su una base funk guidata dalla linea
di basso di Cox e che finisce quasi in un sussurro tagliato poi dalla
Stratocaster di Hendrix che miagola come un gatto ferito, che era un po’ il suo
marchio personale, sia come suono che come strumento.
Miles compose e cantò il ruolo principale di Changes e We Gotta Live Together, due pezzi ottimistici che ammorbidiscono il
lato più duro dell'album. Qui si stanno divertendo e si nota, con i suoni della
chitarra di Jimi sostenuti dal palpitante basso di Cox e dai riff funky della
batteria di Miles in due "jam" selvagge.
La seconda canzone, Machine
Gun, è considerata uno dei migliori momenti di Hendrix, un inno che punta a
tutte le violenze negli Stati Uniti e all'estero (non che sia cambiata molto la
situazione). Jimi presenta la canzone dicendo: "Questa è dedicata a tutti i soldati che combattono a Chicago, a
Milwaukee e a New York...e, oh, sì, tutti i soldati che combattono in Vietnam".
È una ricerca musicale che si allunga per 12 minuti, spinta dalla rabbia funk
espressa attraverso l'uso di un Uni-Vibe, da cui spreme suoni di sirena e bombe
ed elicotteri palpitanti su un ritmo caotico di batteria che mette chi ascolta
nel bel mezzo di una raffica sparata da una macchina della morte. Jimi Hendrix
stava iniziando ad approfondire temi più politici e socialmente diversi e ci si
chiede fin dove sarebbe potuto arrivare. Questa interpretazione fu veramente
storica.
Quando il disco fu pubblicato il 25 marzo 1970, vendette
molto bene, ma per i critici fu solo il seguito dell’epoca dell’Experience, una
visione che sicuramente è cambiata da allora, servendo da precursore di nuove
direzioni per il mitico chitarrista. Sebbene la produzione dell'album sia stata
costruita attorno al formato dell'improvvisazione, due delle composizioni di
Jimi, Power of Soul e Message of Love sono più studiate,
strutturate e provate, mostrando il suo interesse nel mixare funk, R&B e
rock, con un messaggio più positivo nei testi.
Sorprendentemente, Band
of Gypsys fu l'unico album live di Hendrix, soprattutto considerando il suo
fascino magnetico sul palco. Il disco entrò tra i primi 10 nelle classifiche
degli Stati Uniti e del Regno Unito, così come in molti altri paesi. Fu anche l’ultimo
album pubblicato nella sua breve vita, una vita che ispirò un esercito di
seguaci e giovani chitarristi provenienti da tutto il mondo. Oggi è considerato
uno degli album live "imprescindibili" della storia del rock. Qui, a Guitars
Exchange, siamo più che d'accordo.