Ancora fresco dopo 60 anni
Di Tom MacIntosh
Il nome di Bo Diddley entrò nel mondo della
musica a metà degli anni cinquanta riconosciuto come uno dei padri del rock
& roll. Grazie al suo stile di chitarra contagioso, conosciuto come il “Bo Diddley beat”(ne parleremo più
avanti), incendiò il mondo con questa nuova ‘cosa’ chiamata rock and roll,
insieme ad altri come Chuck Berry, Elvis, Jerry Lee Lewis, Muddy Waters e Little Richard, la cui influenza si sente ancora oggi, in gruppi
come gli U2, i Rolling Stones o gli Smiths,
come centinaia di altri che cercano di emulare il suo modo spettacolare di
suonare la chitarra.
Nato come Otha Ellas
Bates il 30 dicembre 1928 a McComb Mississippi, è cresciuto sotto
l'influenza di John Lee Hooker, affinando il suo stile
basandosi sul ritmo, utilizzando un’accordatura aperta, ma senza dimenticare le
sue radici africane. Come abbiamo già scritto in precedenza su Diddley in
queste pagine di Guitars Exchange, "ci sono chitarristi che hanno bisogno
di centinaia di note per farsi notare, Bo Diddley ci riesce con una sola corda.
Tutto è nel ritmo e la chitarra diventa quasi uno strumento a percussione che
resta impresso nella memoria."
Oggi, per festeggiare l’anniversario di nascita di questo
gigante del Rock & Roll, diamo un'occhiata al suo album di debutto del
1958, chiamato semplicemente Bo Diddley
(Chess Records). Occupa il posto 216 nella lista dei 500 migliori album di
tutti i tempi secondo la rivista Rolling Stone, e contiene 12 gemme che mettono
in risalto il suo 'Bo Diddley Beat'. Lo stile deriva dalle tradizioni degli
"Hambone", i musicisti di
strada che tengono il ritmo colpendo braccia, gambe e torace mentre cantano in
rima e che assomiglia a ciò che è noto come ritmo "shave
and a haircut, two bits". Gli esperti lo hanno anche collegato
al "ritmo chiave", che si trova nelle tradizioni musicali dell'Africa
sub-sahariana; quello che il pubblico bianco, ignaro di questo suono, chiamava
"musica della giungla".
L'album si apre con il successo dallo stesso titolo, Bo Diddley, che entrò direttamente nelle
classifiche R&B dove rimase al numero 1 per due settimane. Considerato il
primo brano di R&R che rappresentò il “ritmo chiave” sopra menzionato. Anche
il pezzo sul lato B, I'm a Man, entrò
nelle classifiche, e l'album fu aggiunto al Registro Nazionale delle
registrazioni della Library of Congress (2012) come "culturalmente,
storicamente ed esteticamente significativo". La canzone ha avuto diverse
versioni da artisti come Buddy Holly, The Shadows, Bob Seger, Janis Joplin, Carl Perkins, Warren Zevon o Robert Randolph nel corso degli anni. Nell'album troviamo anche uno
dei pezzi più riconosciuti di Diddley, Who
Do You Love, descritto dal suo biografo George R. White come "un suggestivo spettacolo di millanteria...voodoo
raccapricciante, [con] voce scura e testi ossessivi, quasi surreale".
Si basa meno sul ritmo di Diddley e più su un "ritmo randomizzato
modificato". Non c'è dubbio che avrete sentito versioni di questo pezzo da
autentici pesi massimi del calibro di George
Thorogood and The Destroyers (1978), Ronnie
Hawkins and the Hawks, (1963) o Quicksilver
Messenger Service (1967).
La sua formazione per le sessioni di registrazione
comprendeva diversi musicisti, tra cui Jerome
Green, voce e maracas, Otis Spann
al piano, Willie Dixon al basso, Jody Williams alla chitarra e voce, e
veri maghi dell’armonica come Billy Boy
Arnold (I'm a Man), Little Walter (Diddley Daddy), Lester
Davenport (Pretty Thing y Bring It to Jerome), y Little Willy Smith (Diddy Wah Diddy) per citarne alcuni. La
copertina dell'album fu progettata da Chuck
Stewart, con una foto di Diddley con la sua Gretsch Jet G6131T.
Questo splendido album si è meritato un punteggio di 5
stelle su 5 da Matthew Greenwald di
AllMusic, che ha detto che le 12 canzoni rappresentano il ritmo essenziale di
Bo Diddley in una nota: "Questo è
uno dei migliori suoni rock che si possano sentire, questo album ha tutto."
Bo Diddley è morto 10 anni fa, ma non c’è dubbio che abbia
trasformato in realtà il suo desiderio: "Mi arrabbiavo con le persone che suonavano i miei pezzi, ma adesso è
diverso...ora non mi arrabbio più quando registrano il mio materiale perché mi mantengono
vivo." (Intervista a Pop Chronicles, '69).
Il maestro è vivo e vegeto, con canzoni fresche come il
giorno in cui sono state incise su vinile.