Un Sex Pistol alla ricerca delle sue chitarre perdute

Di Paul Rigg

Glen Matlock, leggenda del punk, autore e bassista dei Sex Pistols, non si è fermato neanche un momento da quando partecipò a quel programma incendiario di Bill Grunday, Today, nel Dicembre del 1976. Quell’intervista infame lanciò definitivamente il punk rock e, di fatto, stroncò la carriera di Grundy.    

Oltre alle diverse riunioni dei Pistols, Matlock, nato a Paddington (UK) il 27 di Agosto del 1956, ha lavorato con Iggy Pop, con i Primal Scream, The Damned, The Faces e molti altri, oltre che con la sua band, The Philistines.
   

Lo scorso Dicembre 2016, attraverso la sua pagina Facebook, offrì una lauta ricompensa nel tentativo di recuperare tre delle sue chitarre più amate, che gli furono rubate. Guitars Exchange ha incontrato un Madlock rilassato, amichevole e tranquillo per chiedergli se ha ricevuto risposta alla sua richiesta. Una buona occasione per fare quattro chiacchiere anche sulla sua idea di musica e sul suo amore per le chitarre.
 

 

GUITARS EXCHANGE: Che risposta hai avuto dalla comunità chitarristica quando hai chiesto notizie sul tuo Ivory Fender Precision Bass del 1961, sul Modern Mexican Black Precision Bass con il pickguard in tartaruga e la Blonde Guild D37 Acoustic?
 

G.M.: Ho ricevuto un migliaio di Like e diverse condivisioni su Facebook, cosa che mi è piaciuta molto. Ma per il momento neanche una traccia degli strumenti. Due mi furono rubati dopo un concerto, dalla macchina parcheggiata fuori casa mia a Londra. L’altro l’hanno preso in casa, un anno prima, ma visto che anche i miei figli suonano e ho la casa piena di strumenti, tutti nelle loro custodie, non me ne sono accorto subito. Ecco perché ho postato tutti e tre gli strumenti nello stesso messaggio.    

G.E.: Cosa significano per te questi strumenti e perché?
 

G.M.: Il basso bianco Fender Precision Ivory del 1961 era particolarmente importante per me perché è quello che ho usato con i Pistols e con Iggy Pop. Come ho detto prima, anche i miei figli suonano con dei gruppi e quel basso era una specie di eredità familiare. Era un basso magnifico.   Lo comprai nel 1979 da Wunjo, in Charing Cross, quando suonavo con Iggy. Ero sul punto di non comprarlo perché mi dissero che era appartenuto a The Tremeloes! Lo pagai 250 o 350 sterline, credo ricordare, un sacco di soldi per l’epoca.  
Qualcuno, probabilmente, l’avrà dipinto di nero e rivenduto per una cinquantina di sterline –senza sapere di cosa si tratta- per un po’ di speed o qualche altra droga di moda di questi tempi.  
La pala era leggermente inclinata e con qualche botta sui bordi. È unico. Se lo rivedessi, lo riconoscerei all’istante.  
Il Modern Mexican Black Precision Bass è quello che ho usato per la riunione dei Sex Pistols del 2007/2008.  
Il terzo strumento è una Guild D37 Acoustic Blond con un pickup montato dalla fabbrica.    

G.E.: Sei co-autore di 10 delle 12 canzoni di “Never Mind The Bollocks” –“Anarchy In The UK”, “God Save The Queen” e “Pretty Vacant”, per esempio- hai usato qualcuno di questi strumenti a quell’epoca?
 

G.M.: Per quelle canzoni usai un Rickenbacker. Attualmente è esposto nel British Music Experience Museum di Liverpool.  

 

G.E.: Chi suona la chitarra nel tuo album favorito?
 

G.M.: Direi Syd Barrett in Piper At The Gates Of Dawn. Syd Barrett era un fantastico chitarrista. Non so come un tipo così fuori di testa potesse suonare in quel modo.
   

G.E: Hai menzionato in diverse occasioni che tra i tuoi musicisti favoriti ci sono James Jamerson (turnista di Motown); Klaus Voormann (Manfred Mann) e Ronnie Lane (Small Faces). Ce n’è qualcuno nuovo?
 

G.M.: In verità no! Prima la gente suonava dal vivo e aveva carattere e musicalità, ma adesso tutti gli errori si cancellano e non è la stessa cosa.   Per quello mi piaceva molto suonare con The Faces. Da ragazzo mi mettevo davanti allo specchio fingendo di essere uno di loro e poi suonai con loro davanti a 50.000 persone in Giappone. Fu molto divertente.   Adesso citerei Matt Bellamy dei Muse. Ha una chitarra pazzesca che s’illumina. Ho parlato con lui di suo padre, George Bellamy, che suonava la chitarra ritmica negli anni ’60 con The Tornados. Ne fu felice!  
Mi piace molto il suono della chitarra della band di Ringo Deathstarr. Ho suonato con loro una volta in Canada –hanno un nome figo e dal vivo sono veramente bravi-.    

G.E.: Oltre a “Never Mind The Bollocks”, secondo te, qual è il miglior album punk?
 

G.M.: Blank Generation di Richards Hell & The Voidoids. Adoro la chitarra di Robert Quine in quel disco. Secondo me è la canzone punk più importante di sempre.
   

G.E.: Sei ancora in contatto con John Lydon? Esiste qualche possibilità di un’altra riunione dei Sex Pistols?
 

G.M.: Io e John, in realtà, non siamo in contatto e credo che tutti e due ne siamo felici. Ogni volta che c’è stata una riunione è sempre stata una cosa dell’ultimo minuto, quindi non direi mai di no a una possibilità del genere. Ultimamente ha detto una cosa che mi è piaciuta molto: “Non siamo migliori amici ma senza dubbio neanche i peggiori nemici”, cosa che condivido.
 
Alla fine noi quattro abbiamo vissuto insieme un momento storico. Sono contento di aver avuto quell’esperienza e di averla condiviso con loro.      


La nostra intervista finisce con la promessa di ricevere da Matlock qualche foto dei suoi amati strumenti. Non è esagerato dire che le sue canzoni hanno cambiato delle vite, perché i Sex Pistols hanno aiutato gente normale e ordinaria a sognare alla grande. È troppo sperare che qualcuno gli ridia indietro i suoi strumenti?


(Immagine basso Rickenbacker: Courtesy del British Music Experience Museum;
Altre immagini: Courtesy di Yellow Brick Music;
Resto: ©CordonPress)

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