Una donna di stile e sostanza

Di Paul Rigg

L’americana Gail Ann Dorsey, conosciuta per essere stata la bassista di David Bowie, è anche una cantante e polistrumentista che ha lavorato con una lista incredibile di artisti tra cui: Eric Clapton, Tears for Fears, INXS, Gwen Stefani, The The, Boy George, B52, Lou Reed, NIN e molti altri ancora.

Ha pubblicato tre album da solista e attualmente sta lavorando al quarto.  

Raggiungiamo Gail Ann Dorsey nella sua casa di Kingston, a una novantina di kilometri a nord di New York. È appena tornata a casa da uno show privato a Denver, in Colorado, con Lenny Kravitz, con cui ha lavorato negli ultimi sei anni, ed è felice di condividere la sua straordinaria storia con i lettori di Guitars Exchange.
   

GE: È passato molto tempo dal tuo ultimo album “I Used To Be”, del 2003! Cosa ti ha motivato a inciderne un altro proprio adesso?
 

GAD: Mi è sembrato il momento giusto per farne un altro. Spero di tornare in studio prima di Natale per terminare alcune tracce. Il fatto è che mi piace molto lavorare per altre persone, l'ho fatto in pratica tutta la mia vita. Non m’importa di essere ciò che potreste definire come una "persona secondaria", perché finché suono musica, va tutto bene.   Ho ricevuto molti messaggi sui social media chiedendo "quando sentiremo un altro disco di Gail Ann Dorsey?". Penso ci sia un pubblico lì fuori e credo di averlo fatto aspettare troppo a lungo; io stessa ho aspettato troppo a lungo. Non ho alcuna illusione di essere una grande popstar o altro, faccio musica perché sento sia il motivo per il quale sono su questa terra. È la mia passione.  

GE: Nella tua e-mail hai detto che in questo momento stai organizzando una campagna di raccolta fondi per finanziare il tuo album. Normalmente non è una cosa che dovrebbe fare una compagnia discografica?
 

GAD: Beh, non ho avuto un contratto discografico dall'inizio degli anni '90 - l'ultimo disco che ho fatto l’ho finanziato io stessa e in sostanza mi ha fatto guadagnare i soldi per il Reality Tour di Bowie e per i miei concerti. Per quanto mi riguarda, le offerte di una casa discografica non hanno mai funzionato alla grande; non voglio davvero restrizioni. Voglio solo fare il disco che ho intenzione di fare. Ho appena comprato una casa, dove mi sono trasferita a marzo, e non ho soldi da investire, quindi sono felice di rivolgermi al crowdfunding come fanno molti dei miei colleghi; è l'unico modo in cui posso permettermelo al momento.
 

La campagna sarà lanciata a novembre. Ho già registrato un paio di canzoni per conto mio. È un po' costoso da fare, ma ho dei musicisti fantastici a mia disposizione qui e voglio poter fare le cose nel modo giusto.  

GE: Con quali altri musicisti stai lavorando?
 

GAD: Ho un grande chitarrista che si chiama David Spinoza che ha suonato con Donnie Hathaway, Paul Williams, Carly Simon e James Taylor. Siamo diventati amici qualche tempo fa. È così eccitante lavorare con lui perché è uno dei miei eroi, ha suonato in tanti grandi dischi che adoro e anche in molti altri in stile anni ’70, che è ciò che sto facendo. Voglio fare musica pop sofisticata con buoni arrangiamenti, usando tutta la gamma musicale, perché penso che molta musica pop al momento sia piuttosto piatta, insipida e monodimensionale. Mentre il pop degli anni '70 aveva profondità e utilizzava molti tipi diversi di strumenti, ecco perché userò anche archi e orchestrazione.
 

GE: Dove trovi l’ispirazione per i testi?
 

GAD: Dalle cose della vita, l’amore, l’unità, le cose vere e tutto ciò che succede nel mondo. Non mi occupo di politica, ma sicuramente m’interessano le politiche sociali, dove siamo come esseri umani; molti dei testi vengono fuori da lì.  

GE: Quale brano ti piace di più?
 

GAD: Sono entusiasta della prima canzone che abbiamo registrato. È molto ‘poppy’ e si chiama It takes all kinds to make a world. È principalmente un omaggio a mia madre che è morta cinque anni fa. Era una donna molto tollerante e gentile; lei avrebbe detto quelle parole e che non bisogna mai giudicare.
 

È una frase cliché ma per me ha un significato speciale perché improvvisamente la canzone ha preso vita in un momento estremamente importante. Il mondo è diviso ma molte persone hanno ancora speranza e amore nel loro cuore e, di tutte le cose che esistono, penso che la musica sia sempre stata una di quelle che possano farlo emergere. È una canzone molto edificante. Tutto può funzionare - lo credo davvero.  

GE: Quando è prevista l’uscita dell'album?
 

GAD: Spero entro la prossima primavera. Ho rifiutato molto lavoro per cercare di liberare spazio in agenda. L’ho fatto insieme ai miei altri impegni, ed è per questo che ci vuole tempo.  

GE: Ci piacerebbe tornare ai tuoi primi tempi adesso. C'è una bella foto di "Google images" del 1978 - immaginiamo tu abbia sui 16 anni nella West Philidelphia – con un basso in mano. Riesci a ricordare quali erano i tuoi sogni in quel momento?
 

GAD: Essere una cantautrice e avere una band. Da bambina sognavo di lavorare e di poter cantare con artisti come Olivia Newton John. Sono cresciuta guardando artisti di varietà e sognavo di collaborare con loro. Ma non avrei mai pensato di diventare una turnista di questo livello. Volevo solo fare musica e film.
 

GE: C'era qualcosa che ti tratteneva in quel momento della tua vita - o hai sentito che avresti conquistato il mondo?
 

GAD: Sentivo di non avere altra scelta. Sentivo che qualunque cosa avessi dovuto fare per essere un musicista nel mondo, qualunque sacrificio, l’avrei fatto. Ero molto concentrata. Ho avuto tutti contro di me. Venivo da una famiglia umile, ero una donna, mio ​​padre è morto quando avevo sei anni, i miei fratelli erano molto più grandi di me - ero la bambina ‘a sorpresa’ dopo cinque figli. Le mie sorelle e i miei fratelli erano già tutti fuori di casa quando avevo solo 10 anni, eravamo sole, mia madre ed io, che vivevamo dell’assistenza sociale.  

La maggior parte dei miei amici è andata al college, si è sposata e non ha mai lasciato Phili. Sapevo che dovevo andarmene e non avevo paura di farlo. Dovevo solo uscire e vedere cosa c'era là fuori.  

Sono andata al California Institute of the Arts a 17 anni. Era principalmente una scuola di danza, cinema, teatro, musica e arte grafica. Ha attratto molti artisti pazzi, ma io capii che non avevo il temperamento per essere regista. Ci vuole un sacco di tempo per fare un film; mentre io potevo prendere una chitarra, andare in un bar con una decina di persone, cantare una canzone e vedere la risposta immediata. Mi sono resa conto che la musica è ciò che dovessi davvero fare.  

GE: Hai iniziato a suonare la chitarra a nove anni, e poi sei passata al basso a 14. Perché il basso?
 

GAD: Non avevo affatto voglia di essere una bassista, l'ho fatto per lavorare! La chitarra è il mio strumento preferito da sempre. La chitarra è lo strumento che ha catturato il mio cuore, parla per me nel modo in cui voglio - le chitarre elettriche e acustiche sono strumenti pazzeschi.   Presi in mano un basso per lavorare, perché sapevo che avrei trovato un lavoro, perché nessuno lo suonava. Negli anni '70 a Phili quando stavo cercando un lavoro estivo, vidi una band che stava facendo un po' di soldi, e così ho risposto a un annuncio per il posto di bassista. Le persone stavano cercando bassisti o batteristi. Suono la batteria, ma ho pensato che "il basso non può essere poi così male solo per avere meno corde di una chitarra", quindi ne presi in prestito uno per un'audizione. Ottenni il lavoro, il primo, in una ‘top 40’ band, ed è così che sono diventata bassista. Mia madre mi disse che mi avrebbe comprato un basso se avessi ottenuto il lavoro e lo fece! (ride)  

Doveva essere una cosa temporanea ma m’innamorai dello strumento, pensai 'oh mio Dio, è così divertente!' Non mi ha tolto l’amore per la chitarra ma suonare il basso mi ha fatto capire cosa sia uno strumento incredibile; la responsabilità del bassista è enorme. È lo strumento più importante di tutti.  

 

GE: Quali sono i tuoi bassi preferiti?
 

GAD: Uso Sting Rays di Ernie Ball. Al momento ne sto usando uno che ho preso da loro nel 2011, uno Sting Ray classic - hanno rieditato la versione originale, a a volte lo uso con Lenny - e poi suono il mio preferito, il Marilyn '86, che presi a Londra. Ne ho anche uno a cinque corde.
 

Curiosamente, dall'altra parte della strada vive Tony Levin, il bassista di Peter Gabriel, che fa cose con Spinoza, e stavo parlando con lui l'altro giorno quando mi ha detto "Ho un sacco di Stingray di cui mi voglio sbarazzare, perché sto traslocando", quindi (ride) forse ne prenderò qualcun’altro da Tony!
 

Lo Stingray è il mio preferito; adoro i bassi Music Man. Quando ero giovane vidi [Louis] Johnson dei Brothers Johnson suonarne uno e mi piacque. Ho un basso della Epiphone, che è quello che mi comprò mia madre. Se un bassista può permettersi di avere solo un basso, penso che il mio consiglio sarebbe quello di prendere uno Stingray. È buono per il rock, il funk, puoi farci ‘slap’, puoi suonarlo sempre, è così solido, e ha sempre un buon tono. Un sacco di principianti mi chiedono che basso dovrebbero avere e lo consiglio vivamente perché ti permette di sperimentare e trovare il tuo sound e poi poter decidere se sei una persona più Fender o Gibson, o qualsiasi altra cosa.
 

 

GE: Abbiamo letto che vedere Heart e le sorelle Wilson ti ha fatto capire che saresti potuta salire su un palco per suonare musica rock. Puoi descrivere quel momento?
 

GAD: Quando uscirono Magic Man e Crazy on You, e il loro primo grande album nel 1975/6, le vidi in TV e pensai 'Wow!', sono brave quanto tutte quelle altre band che ho ascoltato come i Led Zeppelin, i Rolling Stones e i Supertramp. All'improvviso arrivò questa rock band capitanata da donne e non solo quello: Nancy Wilson suonava una SG! Certo, mi piacevano le Runaways, anche loro erano fantastiche, ma Heart era diverso - erano due sorelle, ma avevano anche dei ragazzi nella band. Non che le Runaways fossero da meno, ma era sicuramente una trovata che fossero una band tutta al femminile. Joan Jett è un’eroina per me come tutte le componenti di quella band, ma c'era qualcosa nel vedere Ann e Nancy lassù... Penso che Ann sia la più grande cantante rock che sia mai esistita, la sua voce è incredibilmente potente e versatile, è intoccabile. Vederle suonare mi diede più fiducia, sentii di poterlo fare: essere una donna e affrontare una band con degli uomini. Amo Heart, li ho visti un milione di volte e continuo a vederli. Sono diventata una fanatica, in effetti sono ancora la mia seconda band preferita di tutti i tempi.
 

 

GE: Dobbiamo chiedere ora chi è la tua prima band preferita?!
 

GAD: La mia prima band preferita sono i Queen. Semplicemente li amo; sono la band più incredibile che abbia mai visto in tutta la mia vita. Era come una magia, non so nemmeno come quattro ragazzi potessero fare una musica così straordinaria. Incredibile.
 

GE: Nel tuo primo album “The Corporate World”, che ha ricevuto ottime recensioni, abbiamo visto Eric Clapton; com’è successo?
 

GAD: La collaborazione è nata grazie mio produttore, il bassista Nathan East, che all'epoca era il bassista di Eric Clapton. Ero andata all’incontro A&R (Artista y Repertorio) a Londra per discutere dei produttori, Nathan era in giro e gli offrirono il lavoro. Nathan poi portò Clapton - penso più per un suo beneficio che per il mio, a essere onesti – per suonare su un singolo. Clapton ha suonato la chitarra ritmica e solista su Country. Ovviamente è uno dei miei guitar heroes, quindi ero davvero eccitata.
 

Avevo Clapton nel disco e lui portò Steve Ferrone alla batteria - Steve ha suonato con Tom Petty, che abbiamo perso da poco. Così io e Steve siamo rimasti in contatto, lui è un batterista fenomenale e una delle persone più dolci del mondo; quella fu una delle tante grandi esperienze che ho avuto grazie a Corporate World.
 

GE: Quando stavi promuovendo il tuo album di debutto, David Bowie vide una tua intervista e disse "Wow, questa donna è interessante", poi ti ha chiamato per invitarti a unirti a lui nel tour di Nine Inch Nails. Quell’incontro si è poi trasformato in un viaggio di 20 anni insieme - è andato tutto così liscio come sembra?
 

GAD: Assolutamente! (ride). David è una persona che da solo ha cambiato la mia vita. Al momento stavo lavorando per Tears for Fears. Ero con Roland Orzabal a Bath, dove ha un incredibile studio di registrazione nella sua proprietà, e stavamo scrivendo canzoni. Avevamo appena finito un tour dei Tears for Fears, avevamo registrato un album, The Kings of Spain, e stavamo lavorando insieme su dei pezzi miei, quando arrivò una chiamata a casa sua. Non riesco a ricordare come David abbia ottenuto il numero, deve aver chiamato il mio manager a New York e aver scoperto dov’ero. Ricordo che la moglie di Roland prese la chiamata in cucina –vedo ancora quell’immagine-, corse per il vialetto fino allo studio, era cinerea, e pensammo 'cos’è successo?' e disse 'Bowie ha appena chiamato e sta cercando Gail'. Ho pensato 'oh mio Dio!'. Cinque minuti dopo, il telefono squillò ed era lui, all'inizio pensai che fosse qualcuno che stava facendo uno scherzo, ma dopo alcuni secondi pensai 'questo è davvero lui'. Mi disse "Ho una proposta per te, stiamo mettendo insieme una band per andare in tour con Nine Inch Nails". Ne avevo sentito parlare ma non conoscevo molto bene la sua musica. Disse che erano solo sei settimane e poi sarei potuta tornare al mio disco, e dissi 'ok, ci penserò'. Riattaccai e andai da Roland, che immediatamente disse "devi farlo, questo è David Bowie!". E così andai! Ma le sei settimane si sono trasformate in un altro tour chee poi è diventato l'album Earthling e poi un altro tour, e un altro disco, un video, e non è mai finita. Sono diventata la sua bassista fino, naturalmente, all'ultimo disco, quando ha usato una band di jazz. Non si è mai fermato.
 

GE: Hai detto che Bowie aveva la migliore voce maschile fra tutte le rockstar e che prendeva decisioni musicali che nessun altro poteva vedere o sentire. Quanto spazio ti ha permesso di sviluppare nel tuo stile musicale?
 

GAD: Molto. Sapeva sempre quale sarebbe stato il risultato quando stavamo registrando o imparando qualcosa per la prima volta. Ho pensato spesso "Non ho idea da dove prenderà queste cose" - ti dava una linea di base di qualcosa e ti lasciava libero di suonare istintivamente un riff tuo. Era un tipo che diceva ciò che non voleva più che il contrario. La sua arte, la sua abilità, il suo incredibile genio, venivano dal saper scegliere le persone giuste - poteva vedere in me ciò che io stessa non avrei mai potuto vedere come musicista, mai. Non ho mai pensato di essere abbastanza brava da far parte della sua band. Anche adesso mi pizzico, perché non ho un allenamento musicale, non leggo musica e ho un sacco di limitazioni, ma so fare alcune cose molto bene. Una volta mi disse "è come girare un film - se prendi le persone giuste nella tua band, le persone che lavoreranno insieme per creare questa cosa, allora il tuo lavoro è finito" - questa è l'abilità. Ha sempre saputo chi volesse per suonare con lui: Zack Alford [batterista], Gerry Leonard [chitarrista], Mick Ronson [chitarrista], me stessa, immagino; quando metteva insieme un gruppo di persone, poteva già sentire come avrebbero suonato insieme. Studiava, scriveva le canzoni e ci lasciava interpretarle. Il modo in cui costruiva una canzone era unico, non conosco nessun altro artista che lavori in quel modo.
 

GE: Bowie ti ha dato solo due settimane per imparare "Under Pressure" dei Queen. Hai detto che ti è sempre piaciuto che ti mettesse sotto pressione; ci sono altri esempi che ricordi del tempo in cui hai lavorato con lui?
 

GAD: Sì! Immagino che non l’ascolterò mai, visto che ora fa parte del suo patrimonio, ma una volta eravamo in studio per incidere O Superman di Laurie Anderson, che stava producendo per me. Poi abbiamo fatto una versione live - e anche questo è stato uno ‘stress’- se cercate su YouTube forse ne esiste un clip da qualche parte. Era il mio pezzo, io cantavo la parte principale: lui stava sullo sfondo, ballava e, a un certo punto, suonava un po' il sassofono, ma in ogni serata quella era la mia canzone.
 

È stata la stessa cosa con Under Pressure, ti stai mettendo nei panni enormi di due artisti molto distinti e riconoscibili - Freddie Mercury e Laurie Anderson. Sai che non puoi copiarli perché non suoni nulla di simile a loro, ma vuoi che suoni bene e abbia una certa integrità. Questi sono due esempi che mi hanno fatto sudare. Sicuramente due grandi sfide.
 

GE: C'è una performance di Heroes su Youtube (più di 23 milioni di visualizzazioni), dove Bowie sta scherzando con te, dicendo: ‘fai un bel sorriso per il tuo paparino’…
 

GAD: (ride) Non so se l'ho visto. Devo cercarlo!  

GE: A cosa stavi pensando quando lo disse?
 

GAD: Non lo so. Stava sempre scherzando, non era un pagliaccio né nulla del genere, ma aveva un modo di fare molto attivo, molto british, un senso dell'umorismo molto secco. Magari era uno scherzo che, ad esempio, iniziò alle 3 del pomeriggio durante il soundcheck. Succede spesso negli spettacoli.  

GE: C’è un momento con Bowie che ti fa sempre sorridere quando ci pensi?
 

GAD: Quando abbiamo festeggiato il suo cinquantesimo compleanno nel Madison Square Garden, con Lou Reed, i Foo Fighters, Robert Smith dei Cure, Billy Corgan... abbiamo fatto prove per settimane. Sembrava di essere in una grande produzione di Broadway o qualcosa del genere, con costumi, scenografie, artisti diversi, vestiti, carpentieri che facevano un sacco di cose; era una cosa che ho sempre sognato da bambina. Ricordo quella notte, quando arrivò il turno di Waiting for my man con Lou Reed e David che cantavano, e guardai verso la mia destra ed eccoli lì, loro due, e stavo suonando il basso ed era quasi come un’esperienza extracorporea. Non so perché ricordo questo episodio, perché ho avuto così tanti momenti incredibili sul palco, ma quello mi fa sempre sorridere; pensai 'Wowww!' è come passare improvvisamente dai nove anni a quel momento e dire 'Oh mio Dio, come ho fatto?!'
 

GE: L'elenco dei grandi artisti con cui hai lavorato è francamente sconcertante...
 

GAD: Parlamene! (ride)  

GE: Vorremmo menzionare il nome di una star e chiederti la prima parola o il ricordo che ti viene in mente:
 

GE: Gwen Stefani?
 

GAD: Poker! (ride) Ho imparato a giocare a poker nel tour di The Sweet Escape, so che sembra un riferimento divertente, ma è quello che ricordo - è stato così divertente!
 

All'inizio, non sapevo nemmeno che avesse una carriera da solista e non avevo nemmeno sentito la sua hit Hollaback Girl. Quando mi chimamò di punto in bianco e mi disse "Sto facendo questo tour da solista e mi piacerebbe che suonassi con me", pensai "cosa sto facendo, è come una caramella per bambini?". Non avevo mai suonato quel tipo di musica prima. L'avevo incontrata in uno dei tour di Bowie, credo nel 1997/98, sapevo che fosse una persona molto simpatica e adorabile. Il pubblico era pieno di ragazzini di dieci anni che urlavano, era una cosa divertente; come una grande festa di compleanno!
 

GE: Bryan Ferry?
 

GAD: (Silenzio) Strano! (ride) Strano ragazzo, molto carino, ma quell'esperienza… ricordo che mi sentivo come se fosse super sensibile e dovessi proteggerlo. Sentivo che dovevo essere cauta e assicurarmi che stesse bene, perché era difficile per lui esprimere ciò che voleva. È molto timido. Non poteva cantare di fronte a me; quando cantava in studio, andava in un'altra stanza o nella tromba delle scale, dove nessuno poteva vederlo.  

GE: Boy George?
 

GAD: Divertente! George è proprio come appare, non ha senso, è davvero un ragazzo divertente. Buon senso dell'umorismo; non così acuto come quello di Bowie, ma era sempre pronto per una risata.  

GE: Matt Johnson di "The The"?
 

GAD: Ragazzo fantastico e ‘cool’. Mi sono divertita molto a lavorare su quel disco, Hanky ​​Panky [il quinto album in studio di The The], interpretando le canzoni di Hank Williams. Sapeva quello che voleva, era pignolo in termini di "Voglio una linea di basso così" - che è un po' com’è anche Lenny Kravitz. Devi stare al gioco, quando sente qualcosa e la vuole in un certo modo, devi fare come dice. Un tipo anche molto alla moda; mi è piaciuto molto lavorare con lui.
 

GE: Michael Hutchence degli "INXS"?
 

GAD: (Sospira) Amore! Ho avuto una cotta per lui, devo ammetterlo, penso sia così sexy (ride) Oh mio Dio, (ride). Mi piaceva guardarlo nei video, come un Mick Jagger più sexy ancora o qualcosa del genere, era così ‘hot’! E poi incontrarlo fu... Avevo solo amore negli occhi, era un bravo ragazzo.  

Ho avuto questa sensazione con lui... L'ho rincontrato per una birra quando le nostre strade si sono incrociate poco prima che morisse... L’ho sentito vulnerabile, non come il ragazzo che avevo incontrato in precedenza. Sapevo che era appena tornato con gli INXS, ma non credo che fosse contento di tornare con loro a quel punto, penso ci fosse qualcos'altro nella sua vita. Era decisamente molto vulnerabile, voleva troppo e credo che non fosse cosciente, stava cercando di arrivare ad un altro livello, forse si sentiva intrappolato, non lo so.  

Ma c'è una cosa che mi fa ridere ancora oggi. Eravamo a un festival da qualche parte in Europa, io ero nel corridoio del backstage, e Michael disse a David: 'Voglio fare una cosa da solista e vorrei la tua bassista, sto per portartela via', e David rispose: "Non credo proprio!". Mi resi improvvisamente conto che mi trovavo fra queste due grandi star, sex symbol del rock, che stavano litigando per decidere chi dei due sarebbe stato in grado di "portarmi via". Per me fu esilarante, come, “questo sogno è fuori controllo!”. Quante donne vorrebbero essere state nella mia situazione in quel momento? Mi fa ancora ridere!
 

GE: Trent Reznor dei 'NIN'?
 

GAD: Quello che mi viene in mente adesso è qualcuno che soffre. Durante il tour era drogato; non so cos’abbia fatto, ma questo ragazzo non era felice. Faceva a pezzi i camerini, danneggiava ogni cosa, ogni notte. Ricordo solo stanze completamente distrutte, o vederlo nel corridoio, seduto per terra. Era solo infelice.  

Ora è sobrio, sta facendo le cose per bene e sta scrivendo ottima musica. Compro ancora le sue colonne sonore e tutto ciò che fa. Capisco perché piacesse tanto a David e pensasse che fosse un genio, perché credo che lo sia. È un ragazzo incredibilmente talentuoso, e ho potuto vederlo, anche attraverso il periodo di merda che stava attraversando quando eravamo in tour. Aveva toccato il fondo, ma penso che abbia cambiato strada, per fortuna.  

GE: Lenny Kravitz?
 

GAD: ‘Lenny boy’, è un tesoro. Lenny è molto in forma. Io non lo sono, non mi è mai piaciuto, ma stavamo provando per l'ultimo tour in una casa a Miami che aveva affittato - l'intera band viveva insieme nella casa - e parte del rituale era quello di alzare il culo e andare in palestra al mattino. Eravamo in un viaggio, nella palestra dove ci allenavamo e improvvisamente vedo diversi famosi lottatori di wrestling americani della WWE come Rock e Sheamus. Conosci questi ragazzi, alti quasi due metri? Lenny li conosceva e organizzò per mio nipote di 21 anni, che vuole davvero fare il wrestler, una conversazione telefonica di 45 minuti con uno di loro. Poi organizzò un incontro in una palestra della Florida tra mio nipote e questi ragazzi, e questo per me fu così bello. Lenny può essere molto duro quando lavora, perché è un tipo speciale, può essere molto intenso, ma a livello umano è molto, molto, dolce. È come il mio fratellino o qualcosa del genere! (ride)
 

GE: Hai lavorato con molti altri artisti di spicco, ma c'è qualcuno in particolare, vivo o morto, con cui ti piacerebbe fare una jam?
 

GAD: Alcune settimane fa ho avuto l'opportunità d’incontrare Willie Nelson, perché suonava da queste parti. Conosco Mickey Raphael, il famoso armonicista che ha suonato in tutti i suoi dischi. Ho chiamato Mickey - avevo già comprato un biglietto per il concerto - e Mickey mi disse di andare a salutarlo prima dello spettacolo. Così sono andata da Mickey e mi ha detto "andiamo a salutare Willie sul bus". Non so in quale altra occasione sia stata così nervosa, voglio dire, ho incontrato un sacco di stelle come puoi immaginare, di solito non è un grosso problema, ma questa volta si lo è stato! Ho sempre voluto cantare con Willie Nelson, fare un duetto con lui, è sempre stato un sogno d'infanzia, non credo che lo farò mai, ma ho avuto modo di sedermi con lui per cinque minuti sul bus, e di nuovo mi sono sentita una bambina di 10 anni; mi batteva forte il cuore e non sapevo cosa dire. Era come un'allucinazione.
 

Alcune persone mi chiedono "perché non hai scattato una foto?". Non mi è venuto in mente di tirar fuori un telefono o qualsiasi altra cosa, stavo semplicemente pendendo da ogni sua parola. Sono stata molto felice di dirgli quanto lo amo e quanto la sua musica abbia significato per me durante tutta la mia vita, e ha detto “be’, sto solo facendo quello che mi piace fare, mi sento come se stessi compiendo la missione per la quale sono qui”, e poi ha detto “mi sembra che tu stia facendo esattamente la stessa cosa”; ho solo pensato 'Willie, sentirlo uscire dalla tua bocca mi ha toccato il cuore'. Adoro le sue canzoni, la sua voce, il suo atteggiamento, tutto ciò che lo riguarda; non ho una fotografia, ma ho quel momento nel cuore, e rimarrà con me per sempre. È stato molto speciale per me.
   

La nostra intervista si conclude chiacchierando di notizie d’attualità, sulla situazione delle donne nel mondo. Chiediamo a Gail se ha qualche consiglio per le giovani donne: “Direi loro di essere più forti che mai, di parlare senza stancarsi mai di come si sentono trattate, nel bene e nel male. Per le donne è difficile farlo perché è nella loro natura vergognarsi, stare calme, fin da quando arriva il momento del ‘periodo’, tutte quelle cose che le donne sentono di dover nascondere e o di cui non possono parlare".
 

"Le donne hanno fatto progressi incredibili, specialmente nella musica, l'ho visto io stessa", continua. "Se c'è qualcosa che abbia fatto, anche fosse solo per cinque bambine al mondo, incoraggiando o rendendo la loro voce più forte - o facendole sentire come mi sono sentita io da ragazzina quando vidi Nancy Wilson sul palco - per far decidere una giovane donna a seguire la strada della musica o dell'arte, o qualunque altra cosa non pensassero di poter fare solo perché donne, allora credo di aver fatto ciò di cui c’era bisogno in questo mondo. Questo, per me, sarebbe uno degli onori più grandi".
 



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