I 10 migliori batteristi rock: Tenendo il tempo con i migliori
Di Tom MacIntosh
Cosa rende grande un batterista? Dedizione, disciplina,
senso del tempo ben sviluppato, resistenza, un buon orecchio, grandi braccia o
avere i capelli lunghi? Be’, in realtà, tutto quanto elencato qui sopra, in
particolar modo quando parliamo di batteristi rock, che è quello che faremo qui
in Guitars
Exchange. Ci siamo sforzati di fare una lista dei 10 migliori, alcuni
di loro scontati, altri semplicemente perché sono i nostri preferiti, che
speriamo suscitino l'appetito di batteristi e rockettari in generale.
Iniziamo...
John Bonham (Led Zeppelin)
Fu chiamato "Il Re dei batteristi Rock" da tutti i
più importanti, e lo è ancora; è stato nominato numero 1 nella lista di Rolling
Stone "I 100 batteristi più grandi
di tutti i tempi". Fu uno dei primi rocker ad accordare la sua batteria, e
riuscì a farla cantare con un ritmo istantaneo, piedi veloci e grande
intensità. Secondo gli altri membri dei Led Zeppelin, era il motore che faceva
funzionare la macchina: "da dove
proveniva la potenza del suono". La canzone di apertura dell'album di
debutto omonimo dei Led Zeppelin, Good
Times Bad Times, fu una grande introduzione al suo stile inconfondibile, un
mix con batteria a doppia cassa utilizzata per formare "triplets" (3
battute suonate velocemente invece di una sola), uno stile che ammirava in
alcuni grandi del jazz come Gene Krupa
e Buddy Rich. Picchiava forte,
famoso per usare bacchette più lunghe e pesanti, che chiamava
"alberi". Era in completa sintonia non solo con le linee di basso di John Paul Jones, ma aveva anche un
grande orecchio per la Les Paul di Jimmy
Page e per i suoi incredibili assoli e riff. Il produttore Ron Nevison (The Who, Thin Lizzy, Chicago) lo descrive così: "L'essenza per me di tutti i Led Zeppelin era
John Bonham che seguiva la chitarra di Page: prendeva il riff e lo trasformava
nella sua parte di batteria. Invece di farlo in 4/4 e seguire il bassista, lui
entrava con la chitarra di Page”. Suonò una Ludwig per la maggior parte
della sua breve e illustre carriera.
Neil Peart (Rush)
Il canadese Neil
Peart non è solo il batterista rock "per eccellenza", ammirato in
tutto il mondo per il suo stile potente che trasformò la batteria in uno
strumento principale, ma anche come il principale autore dei testi di una delle
leggendarie band di rock progressivo, Rush.
È conosciuto per il suo stile "butt-end
out" dove tiene le bacchette al contrario; la parte più grossa è
eccellente per un colpo più pulito e “rimshots” più nitidi. Successe per caso.
Quando iniziò a suonare, gli si rompevano sempre le punte delle bacchette e,
non potendo permettersene di nuove, semplicemente le girava. E guarda dov’è arrivato
oggi. È anche famoso per l’arsenale di tamburi e altri vari strumenti a
percussione che lo circondano, come le campane, i timpani, il gong, le campane
tubolari, campanelli eolici, crotali e campanacci. L’orecchio per i ritmi
sincopati e la capacità di manipolare lo spazio tra le note per trovare uno
spazio, è la caratteristica di Peart. Nessun concerto dei Rush sarebbe completo
senza uno dei suoi incredibili assoli di 15 minuti. Ha usato diverse marche,
comprese Slingerland, Tama, Ludwig e Drum Workshop. E per i batteristi
entusiasti che vogliano provare le sue bacchette, ha la sua serie
'personalizzata' con Pro-Mark.
Keith Moon (The Who)
Keith Moon
"the Loon" era assolutamente selvaggio anche quando non stava
suonando la batteria ma, quando suonava, era uno dei migliori al mondo. Il suo modo
maniacale di suonare diede a The Who un’identità, con un'intensità che combinava
con riff selvaggi non da conservatorio e che sembravano assurdi agli
"esperti" ma davano personalità e peso alla musica. I suoi assoli su Cobwebs and Strange e Won't Get Fooled Again sono esempi
convincenti della dedizione e dell'immaginazione che diede alla musica rock. È
vero, come dicono, che "menava a un ritmo di un tamburo differente" e
che la sua personalità ossessiva e selvaggia forse riflettesse l'essenza del
mondo rock in quel periodo. La sua abile interazione con la Gibson Custom EDS
1275 6/12 nera di Pete Townshend in Substitute è immemore.
Stewart Copeland (Police, Oysterhead)
Stewart Copeland emerse
da uno dei migliori pop/rock trio di tutti i tempi, insieme a Andy Summers e Sting, The Police. Portò
un sound fresco alla batteria, senza dubbio a causa delle sue prime influenze
di vari stili musicali, tra cui la musica libanese, il rock & roll, il
reggae o il jazz. Per costruire questi nuovi suoni, usò gli octobans o tom a tubo,
inventati da Tama, che sono più profondi, con un diametro più piccolo e messi a
punto melodicamente in gruppi di 8, da cui il nome. Usò anche uno smash che era
un giocattolo per bambini, dando la nitidezza ai suoi 'rimshot' controtempo che
si possono ascoltare in molti dei loro successi, tra cui Walking on the Moon e So
Lonely, per nominarne solo un paio. Nella classifica "I 100 batteristi
più grandi di tutti i tempi" occupa il decimo posto, è membro della Rock
and Roll Hall of Fame (2003), e nel 2007 il governo francese l’ha premiato,
insieme a Summers e Sting, con l'Ordre
des Artes et Des Lettres. Dopo i Police lo abbiamo visto in collaborazioni
con Peter Gabriel per Red Rain e Big Time dall’album So. È
stato anche associato con pesi massimi come Tom Waits, Adam Ant e Mike
Rutherford (Genesis). Lo stile
di Copeland influenzò legioni di giovani batteristi che cercavano il suo
"groove" nel loro modo di suonare.
Ginger Baker (Cream, Blind Faith)
Ginger Baker è
stato uno dei fondatori della leggendaria band blues/rock degli anni '60, Cream, insieme a Jack Bruce e Eric Clapton.
Il suo uso pionieristico della doppia cassa nella batteria rock gli valse la reputazione
di essere "la prima superstar dei
batteristi rock" ed è ricordato anche come uno dei primi ad introdurre
un assolo di batteria (5 minuti) con Toad
dei Cream; uno dei primi esempi registrati nella storia del rock. Il suo suono
fragoroso era spesso imprevedibile, ma intelligente, il suo talento teatrale è
temperato con un amore innato per componenti del jazz, come la finezza e la moderazione.
Fu descritto nel libro Classic Rock
Drummers da Ken Micallef come
"il pantheon dei batteristi
contemporanei dal metal al fusion, che devono la loro esistenza al lavoro
pionieristico di Baker con i Cream". Baker continuò con altri generi
come la world music e il jazz per dimostrare ulteriormente l'enorme ricchezza
di talento e di eccezionale intelligenza musicale che questa leggenda ha
condiviso con il mondo della musica.
Dave Grohl (Nirvana, Foo Fighters, Them Crooked Vultures)
Dave Grohl è un
eroe della classe operaia e un grande batterista rock. Iniziò con il fenomeno rock/grunge
dei Nirvana, ed è il leader dei Foo Fighters alla chitarra e alla voce,
ed è tornato volentieri alle bacchette con gruppi come Queens of the Stone Age e Them
Crooked Vultures. Un uomo con molti talenti musicali, incluso quando si
carica in spalla la sua Gibson Trini Lopez, ma si sente più a suo agio dietro
una batteria. Ebbe una breve parentesi come batterista di Tom Petty & The Heartbreakers, dove gli fu offerto il lavoro,
ma che rifiutò per continuare la sua eccezionale carriera come frontman dei Foo
Fighters, oltre alla composizione di colonne sonore di film come nel caso di Touch del 1997. Anche lui è un altro membro
della Rock & Roll Hall of Fame con talento e carisma, ed è per questo che
sono molti a voler suonare con lui.
Lars Ulrich (Metallica)
Non possiamo menzionare i grandi batteristi del rock senza
inchinarci davanti al danese Lars Ulrich,
il batterista dei Metallica, il
gigante americano del Metal. Si agganciò alla banda più esplosiva del Metal con
il suo approccio semplicistico “rat-ta-tata”, senza tanta doppia cassa o
ripieni raffinati, ma piuttosto con la spinta muscolosa contenuta nel metal
puro. Ma la doppia cassa non si fece attendere troppo, come si può notare in
brani come Fight Fire With Fire (Ride the Lightning) y All Nightmare Long (Death Magnetic), per citarne solo alcuni. Lui e i membri dei
Metallica James Hetfield, James Newsted, Kirk Hammett e Robert
Trujillo sono entrati nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2009.
Ringo Starr (The Beatles)
Ringo Starr fu il
ritmo della più grande sensazione pop/rock che il mondo abbia mai visto, i Beatles. La sua discreta presenza nell'ombra
di McCartney, Lennon e Harrison non può essere trascurata. Il
suo istinto per suonare un ritmo non convenzionale fu essenziale per il loro
sound. Il batterista Steve Smith (Journey) disse di Starr, "Prima di Ringo le stelle della batteria venivano
misurate dalla loro capacità di fare assoli e dal loro virtuosismo, ma la
popolarità di Ringo diede origine a un nuovo paradigma...iniziammo a vedere il
batterista come un partecipante sullo stesso piano degli altri integranti nell'aspetto
della composizione...Le sue parti sono così caratteristiche delle canzoni che
puoi ascoltare un tamburo di Ringo senza il resto della musica e identificare tranquillamente
la canzone". Attualmente è il batterista con maggior successo
finanziario di tutti i tempi; dal profilo basso, a altitudini alti$$ime.
Carter Beauford (Dave Matthews Band)
Uno dei pezzi centrali della Dave Matthews Band, Carter Beauford suona batteria e percussioni di
vari generi con il suo talento ambidestro e lo stile a mani libere sulla pelle.
Può anche aggiungere voci di backup al suo ricco repertorio di successi, come
la performance Zildjian di So Much To Say,
che mostra la sua perfetta capacità di scivolare in ritmi diversi senza sudare,
semplicemente fantastico! La fitta orchestrazione della musica dipende dai
venti e da un ensemble di percussioni che si adatta bene al background jazz di
Carter; che ha anche suonato con LeRoi
Moore e Sal Soghoian. È un’entusiasta
delle batterie Yamaha e, naturalmente, usa piatti Zildjian. Beauford ha anche
lavorato con VIP come Carlos Santana,
Bela Fleck and The Flecktones e Victor
Wooten.
Charlie Watts (Rolling Stones)
Ultimo, ma non meno importante, Charlie Watts, il volto stoico dietro una delle migliori rock band
della storia, i Rolling Stones. Che potremmo
dire all'uomo che ha ottenuto successi così colossali come Satisfaction, Brown Sugar, Honky Tonk Women e una lunga lista nell'orizzonte
del rock? Il suo arrangiamento minimalista di tamburi rat-ta-tat ha permesso che
gli altri Stones potessero splendere e formare un legame solido e duraturo che oggi
è ancora più che vivo. Un aneddoto su quest’inglese dalla faccia da poker che
contraddice il suo delicato aspetto esteriore è quando, negli anni '80, Mick
Jagger ubriaco lo chiamò da un albergo dopo la mezzanotte e gli chiese: "Dov'è il mio batterista?". Si fece
la barba, indossò giacca e cravatta, scese le scale e diede un pugno in faccia
a Jagger dicendo "Non chiamarmi più ‘il
tuo batterist’a, sei tu ad essere il mio fottuto cantante!" Com'è quel
'Rolling Stone'? È uno dei migliori batteristi di tutti i tempi.