I migliori chitarristi di jazz
Di Tom MacIntosh
Il jazz è stato spesso descritto come la musica classica
americana, nata a New Orleans tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del
ventesimo secolo, cresciuta dalle radici del blues e del ragtime, divenne una
delle principali forme di espressione musicale, caratterizzato da note
"swing" e "blues". Voci di chiamata e risposta, poliritmia
e improvvisazione. Il nostro interesse è posto di solito nei chitarristi rock
(hard e metal), blues/folk, country o rockabilly, ma oggi vogliamo scrivere su
alcuni dei migliori chitarristi jazz e sugli strumenti che hanno usato nelle
loro carriere.
La quantità di musicisti è così vasta che elencare una
(odiosa) "top 10" è stato inevitabile…perdonateci!
# 1. Joe Pass, nato Joseph Anthony Jacobi Passalaqua (13 gennaio 1929 -
23 maggio 1994)
Iniziamo con chi è considerato uno dei migliori chitarristi
jazz del ventesimo secolo, l’italo-americano Joe Pass. Noto per il suo grande uso di linee di basso,
contrappunti melodici di improvvisazione e per il suo stile di accordi
melodici, grazie alla sua vasta conoscenza di inversioni e progressioni, è chi
aprì il mondo del jazz ai chitarristi esercitando una solida influenza durante
generazioni.
La sua prima chitarra, una Harmony, la ebbe all'età di 9
anni, e raggiunti i 14 già suonava con giganti come Tony Pastor e Charlie Barnet.
In seguito arrivarono le tournée con piccoli gruppi jazz e l’incontro con il "frutto
proibito", l'eroina. Trascorse la maggior parte degli anni ‘50 in prigione.
Alla fine si liberò dalla dipendenza e comprò una Gibson ES-175 cominciando una
carriera maestosa. All'inizio degli anni '60, registrò importanti classici come
Catch Me, 12 String Guitar, For Django
e Simplicity. Le sue collaborazioni
con gli altri artisti sono enormi, con persone come Louis Bellson, Frank Sinatra, Sarah Vaughan, Joe Williams, Della Reese
o Johnny Mathis. Alcuni dei suoi
album più importanti sono Northsea Nights
con Niels-Henning Orsted Pedersen, Tudo Bem con Paulinho Da Costa e Easy
Living con Ella Fitzgerald, solo
per citarne alcuni. Non era solo un musicista d'ensemble, era considerato anche un incredibile solista. La
rivista New York scrisse di lui:
"Joe Pass sembra un tipo qualsiasi e
suona come nessun altro. Viene definito "il migliore del mondo" ed è
spesso paragonato a Paganini per il
suo virtuosismo, c'è una certa purezza nel suo suono che lo distingue
facilmente dagli altri chitarristi jazz di prim'ordine".
# 2 John Leslie 'Wes' Montgomery (6 marzo 1923 - 15 giugno 1968)
Un gigante tra i chitarristi jazz, è stato considerato uno
dei fondatori della scuola del "smooth jazz" con molteplici influenze,
come il R&B, il funk, il rock and roll e il pop, e continua ad essere uno
dei grandi motori che muove molti degli stili e dei suoni di oggi. La sua
tecnica si basava sul suo famoso uso di ottave, (suonando la stessa nota in 2
corde) e sul suo stile di "single
line" che portava a ciò che è noto come "block chords" nei suoi assoli. Non usò mai un plettro. Usava
il suo pollice per suonare o battere sulle corde su e giù per accordi e ottave.
Sviluppò questo stile, dicono, con gran considerazione per i suoi vicini, che
non voleva disturbare. Alcune delle sue opere migliori si possono trovare su
album come The Incredible Jazz Guitar of
Wes Montgomery, Boss Guitar, Bags Meets Wes, con Milt Jackson e Bumpin', tanto
per cominciare. La sua influenza ha toccato grandi come George Benson, Jimi Hendrix, Kenny Burrell, David Brecker, Stevie Wonder e Randy Napoleon, solo per citarne alcuni. Wes Montgomery si è
guadagnato il suo posto tra gli immortali con la sua Gibson L-5CES e una
ES-175, attaccata a un amplificatore a valvole Fender o a un amplificatore Standel
con un altoparlante da 15".
# 3. Jean 'Django' Reinhardt (23 gennaio 1910 - 16 maggio 1953)
Django Reinhardt è
considerato uno dei musicisti jazz più influenti di tutti i tempi. La sua
montagna di lavoro (ha registrato più di 900 pezzi, per lo più a 78-RPM), ha
prodotto, dal 1953 al 2008, un totale di 22 album, a cominciare da Django Reinhardt et Ses Rythmes (53) a Django
On the Radio, Radio Broadcasts 1945-53. Nato in una roulotte di una
famiglia nomade zingara, si distinse fin da piccolo per il suo stile sino a
vedere la sua brillante carriera in pericolo quando perse l’uso dell’anulare e
del mignolo della mano sinistra in un incendio. I dottori dissero che sarebbe
stata la fine, ma mantenne la fede e sviluppò uno stile unico quando iniziò a
usare solo l’indice e il medio sulla tastiera. Il "padre del gypsy
jazz" fece di più con quelle 3 dita di quanto potesse fare un esercito di
musicisti, e il suo stile incoraggiò legioni intere di chitarristi a rendergli
omaggio in tutto il mondo. Jeff Beck l’ha definito "di gran lunga il chitarrista più incredibile
mai esistito" Jerry Garcia
e Tony Iommi, anche lui vittima di un
incidente alla mano, s’ispirarono alla sua disciplina magistrale. Garcia lo
elogiò così: "La sua tecnica è
incredibile...! Molti suonano velocemente e in modo pulito... ma nessuno sfiora
la piena espressione che ha Django...la combinazione di una velocità
incredibile, tutta quella che si può desiderare, ma dove ogni nota ha una
personalità specifica... Non ho sentito nulla di simile che non sia Django".
Altri devoti ammiratori includono Joe Bonamassa, autore di Django, una strumentale in suo onore, il
compositore jazz John Lewis, che
scrisse lo standard jazz Django,
registrato da Miles Davis e The Lost Fingers, un gruppo di zingari
canadese (il loro nome è evidentemente ispirato a lui). Oltre alle sue amate
chitarre gipsy Selmer, è facile trovare immagini di Django Reinhardt con una Levin
De Luxe del 1937-39, una Gretsch Synchromatic 400, una Epiphone Zephyr # 3442 e
una Gibson ES-300.
# 4. George Benson (22 marzo 1943)
Vincitore di dieci Grammy Award, George Benson, nato a Pittsburgh, è un chitarrista, cantante e
compositore dallo stile incredibile, simile a quello di Django, conosciuto come
"rest-stroke". Trasmette un'energia nelle sue performance e con la
voce da renderlo un maestro in diversi generi, dal jazz al pop al R&B o
'scat singing'. Ha avuto una lunga e brillante carriera insieme alla firma
Ibanez (la sua signature GB ha 30 anni) che ha addirittura prodotto una GB30TH in
serie limitata, rifinita in oro e ispirata alla tradizione dell'arte giapponese
Garahaku. Dei suoi 10 Grammy, cinque li vinse per gli album strumentali Theme For Good King Bad, Breezin', Off Broadway, Being with You
e Mornin’. Gli altri arrivarono
grazie alla sua voce potente e piena di soul per The Masquerade, Moody's Mood
e Give me the Night; autentiche prove
del suo enorme talento.
# 5. Kenneth 'Kenny' Earl Burrell (31 luglio 1931)
Il chitarrista jazz americano, Kenny Burrell, entra in questa lista non solo per tutto ciò che ha
realizzato nella sua lunga carriera, ma anche per il suo stile bello, pulito e
semplice, e per la sua enorme lista di album e collaborazioni. Figlio di una
famiglia di musicisti, iniziò a suonare la chitarra all'età di 12 anni,
studiando composizione e teoria con Louis
Cabara e formazione classica con Joe
Fava. Lui stesso dichiarò Django
Reinhardt e Charlie Christian
come le sue più grandi influenze jazz, insieme ai bluesmen Muddy Waters e T-Bone Walker, grazie ai quali fu capace di creare uno stile basato
sul bop e sul blues. Fu un musicista e un turnista assai richiesto. Fra le sue
collaborazioni vogliamo ricordare quelle con Oscar Peterson, Tony Bennett, Lena Horne, Billie Holiday, Jimmy Smith,
John Coltrane (The Cats) e Stanley Turrentine (Midnight Blue), Nat Adderley (Little Big Horn),
Chet Baker (Chet e Baby Breeze)…e ci fermiamo alla superficie!
Per sentire il suo delizioso tocco blues, consigliamo di
ascoltare Chitlins Con Carne dal suo
album Midnight Blue del 1963.
# 6. Charlie Lee Byrd (16 settembre 1925 - 2 dicembre 1999)
Charlie Byrd è
famoso per il suo tuffo nella musica brasiliana, vale a dire la Bossa Nova,
senza dubbio influenzato dal suo più grande idolo, Django Reinhardt, il padre
del gypsy jazz. Collaborò con Stan Getz nei
primi anni '60 nel classico Jazz Samba,
che fece scoprire questo stile di jazz al pubblico americano. L'album raggiunse
il primo posto delle classifiche dove rimase per la bellezza di 70 settimane,
grazie all'enorme successo di Desafinado.
La sua discografia si estende dal 1957 al 2005 e comprende un totale 22 album. Fu
decorato Cavaliere dal governo brasiliano nel 1999 con il titolo di Caballero del Río Branco. Sì, signore.
# 7. Pat Metheny (12 agosto 1954)
Pat Metheny ha
sulle spalle tre dischi d'oro, 20 Grammy ed è l'unico mortale che sia riuscito
a vincere l’ambito premio in 10 categorie diverse. Non male, vero?. Il suo
grande eroe resta Wes Montgomery e partendo da lì ha continuato a mischiare
ingredienti che spaziano dal jazz progressivo al jazz contemporaneo, fusion e
post-bop fino a un gran finale. Alcuni dei suoi migliori album, secondo
l'opinione popolare, sono Still Life
(Talking), Offramp, Letter From Home e
Secret Story. Parte del suo suono deriva dalla sua passione per il sintetizzatore
Roland GR-300, con il quale riesce a far sembrare le sei corde come fossero uno
strumento a fiato, ed è proprio ciò che cerca. Sperimentò anche con la chitarra
elettrica jazz a 12 corde. Il suo approccio ha attirato collaboratori del
calibro di Chick Corea, Herbie Hancock,
Charlie Haden, Jack DeJohnette e
Bill Frisell, ancora una volta, solo per citarne alcuni. Potrebbe facilmente
trovarsi al primo posto della lista dei musicisti jazz più eccezionali e
prolifici. Pat è un mondo a parte.
# 8. Lenny Breau (5 agosto 1941 - 12 agosto 1984)
Il jazz moderno e contemporaneo di jazz, o post-bop (alcuni
lo chiamano "smooth jazz") è nato grazie ad avventurieri come Lenny Breau, considerato uno dei
musicisti più armoniosi della storia. Il suo stile di accordi melodici, come
quello di Joe Pass, gli ha permesso di combinare molti stili musicali, tra cui
jazz, country, musica classica e flamenco. La sua più grande influenza fu Chet Atkins e lo stile flamenco di Sabicas.
Parlando della sua chitarra a 7 corde, disse: "Mi avvicino alla chitarra
come fosse un pianoforte. Sono arrivato al punto che trascendeva lo strumento.
Si suppone che molte delle cose che suono alla chitarra a 7 corde sono
tecnicamente impossibili, ma ho passato più di 20 anni nel tentativo di riuscirci.
Suonare la chitarra come fosse un pianoforte…due cose allo stesso tempo. Pensando
alla melodia, ma penso anche un accompagnamento".
# 9. Eddie Lang (25 ottobre 1902 - 26 marzo 1933)
Il musicista jazz americano Eddie Lang è considerato da alcuni il "padre" della
chitarra jazz. Mise la sua Gibson L-4 e L-5, come strumento solista,
direttamente sotto le luci dei riflettori. Fu il primo solista di una singola
corda: suonava una corda mentre pizzicava le altre sullo sfondo, qualcosa di
unico per quell’epoca. Joe Pass lo considera uno dei 3 innovatori essenziali
della chitarra jazz, insieme a Wes Montgomery e Django Reinhardt.
# 10. Grant Green (6 giugno 1935 - 31 gennaio 1979)
Il compositore e chitarrista jazz americano Grant Green è stato probabilmente il
gigante del jazz più sconosciuto del XXº secolo. Incise una tonnellata di pezzi
sia da solo che come turnista e nel suo repertorio troviamo soul-jazz, bebop,
hard-bop e latin jazz. Il critico Dave
Hunter definì la sua musica "agile,
sciolta, un po’ blues e davvero ‘groovy’...". Divenne il principale
protagonista della Blue Note Records negli anni '60, collezionando più registrazioni,
sia come leader che come turnista, di chiunque altro.
Questo è stato solo un riassunto di alcuni dei migliori
chitarristi jazz presi un po’ qua e un po’ là. Abbiamo cercato di coprire diversi
stili e speriamo che l'importanza del loro lavoro di questi grandi artisti affascini
e spinga i chitarristi a guardare più da vicino il grande jazz: una forma di
espressione magnifica per il nostro strumento favorito.